Di Paola Mastrantonio su Mercoledì, 10 Maggio 2023
Categoria: Giurisprudenza Consiglio di Stato

L’incompatibilità tra l’attività di agente immobiliare e quella di amministratore di condominio.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, con l'ordinanza n. 3655/2023, ha sollevato questione di pregiudizialità, invitando la Corte di Giustizia dell'Unione europea, ai sensi dell'art. 267 TFUE, a pronunciarsi, perché rilevanti, sui seguenti quesiti:

- Se l'art. 5, comma 3, della L. 39/1989, come riformulato a seguito della procedura di infrazione n. 2018/2175, debba intendersi, oggi, pienamente conforme al diritto comunitario specie in ragione dell'avvenuta archiviazione della procedura di infrazione stessa.

- Se i principi e gli scopi dell'articolo 59, paragrafo 3, della Direttiva 2005/36/CE (come modificata dalla Direttiva 2013/55/CE), nonché dell'articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123/CE e più in generale dell'articolo 49 T.F.U.E., ostino ad una normativa, come quella italiana di cui all'art.5, comma 3, della L. 39/1989, che sancisce in via preventiva e generale l'incompatibilità tra l'attività di mediazione immobiliare e quella di amministratore di condomini sul presupposto del mero esercizio congiunto delle due attività e senza, quindi, la necessità per le Camere di Commercio di svolgere alcuna verifica a posteriori riferita in concreto all'oggetto delle mediazioni svolte e senza che ciò risulti motivato da un "motivo imperativo di interesse generale" specificatamente individuato e comprovato o comunque senza la dimostrazione della proporzionalità della prevista incompatibilità generale rispetto allo scopo perseguito.

- Se l'agente immobiliare possa, comunque, svolgere anche l'attività di amministratore di condominio, salvo il caso in cui non cerchi di vendere o acquistare il fabbricato che amministra, visto che in questo caso si paleserebbe un conflitto di interessi. 

Nel caso esaminato dal consiglio di Stato, l'appellante, che esercitava sia l'attività di mediazione in immobili che quella di amministratore di condomini, aveva impugnato innanzi al TAR il provvedimento con il quale la Camera di Commercio per l'Industria e l'Artigianato di Bologna, rilevata l'incompatibilità ai sensi della L. 37/2019 fra l'attività di mediazione di immobili e l'attività in forma imprenditoriale di amministrazione di condomini, aveva inserito nel Repertorio Economico Amministrativo l'attività di amministratore di condomini svolta, in forma di impresa, dal ricorrente e, inoltre, aveva inibito allo stesso, ai sensi dell'art. 7, comma 2 del D.M. 26/10/2011, la prosecuzione dell'attività di mediazione in immobili iniziata in data 1/7/1988, stante la rilevata situazione di incompatibilità ai sensi dell'art. 5, comma 3, della L.39/1989 e s.m.i, con riferimento alla stessa impresa individuale.

Secondo il ricorrente, l'art. 5 della L. 39/89, nel testo vigente, doveva essere interpretato nel senso di scongiurare un conflitto "attuale" di interessi, mediante una verifica caso per caso delle situazioni coinvolte, non essendo accettabile l'individuazione di incompatibilità astratte e assolute.

Dunque, secondo la sua prospettazione, il problema doveva essere risolto mediante un'indagine caso per caso circa la sussistenza in concreto di una situazione di conflitto di interessi, avuto riguardo alla presenza (tra gli immobili intermediati) di unità anche amministrate nelle relative parti comuni; l'unica circostanza che poteva avere un rilievo oggettivo nella verifica dell'autonomia e della serenità del mediatore che svolge anche la professione di amministratore di condominio era, infatti, l'eventuale svolgimento delle due attività in modo congiunto sul medesimo immobile.

A suo avviso, se le due attività non avevano ad oggetto il medesimo immobile non poteva sussistere a priori alcun dubbio di potenziale conflitto di interessi o carenza di imparzialità. 

Secondo il TAR, invece, nel caso esaminato, il duplice ruolo e la naturale "prossimità" alle unità immobiliari amministrate non poteva ritenersi trasparente né riconoscibile a priori dal cliente dell'agenzia, il quale non poteva avere cognizione del deficit di imparzialità del professionista nello svolgimento della mediazione: diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, l'elevato numero degli immobili presso i quali il soggetto svolgeva anche l'attività di amministratore di condominio, induceva a ritenere – secondo la logica e l'esperienza comune – un pericolo concreto di conflitto di interessi ogni volta che uno degli appartamenti amministrati restava libero e veniva messo in vendita, risultando verosimilmente preferito rispetto ad altri.

Infine, concludeva il TAR, non era possibile riversare sulla CCIAA l'onere di verificare la neutralità per ogni specifico affare concluso, affermando il conflitto di interessi solo per l'eventuale svolgimento delle due attività in modo congiunto sul medesimo immobile.

Il parere del Consiglio di stato

I giudici di Palazzo Spada, se da un lato hanno riconosciuto la configurabilità, nell'ipotesi di sovrapposizione tra attività di mediazione e quella di amministratore condominiale, di un conflitto di interessi, perché il professionista potrebbe essere indotto ad orientare i potenziali acquirenti verso i locali inseriti negli immobili da lui gestiti, dall'altro, hanno ritenuto che, dal punto di vista del consumatore, forse sarebbe più efficace, ed economicamente vantaggioso, avere un'unica figura professionale che segua l'acquirente sia nel momento dell'acquisto, che nella successiva fase di gestione dell'immobile, visto che, in fatto, i sistemi per aggirare le incompatibilità possono essere molteplici (rapporti di parentela, ecc.), con il risultato del raddoppio delle figure professioni e quindi dei costi a carico dell'utente finale.

Pertanto, al fine di decidere il caso di specie, l'adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ha ritenuto indispensabile stabilire preliminarmente se ed entro quali limiti la professione di agente immobiliare sia da ritenersi compatibile con quella di amministratore di condominio, considerato che la nuova disciplina contenuta nell'art. dall'articolo 5, comma 3, della L. 39/1989 garantisce (proprio nell'ottica della proporzionalità) la tutela del consumatore attraverso la previsione di una clausola che eviti ogni conflitto attuale di interessi tra il mediatore e l'oggetto della mediazione stessa.