L'adempimento del mandato: tra decoro e doveri di probità e lealtà
L'avvocato, nell'esercizio della sua professione, ha il dovere di accettare incarichi che presuppongono la sua competenza a svolgerli. In caso di accettazione, il professionista in questione è tenuto svolgere detti incarichi in maniera diligente, senza trascuratezza degli interessi della parte assistita. Ove il professionista ritenga che per alcuni incarichi occorra una competenza diversa e più specifica, deve prospettare al cliente e alla parte assistita la necessità di integrare l'assistenza con altro collega che ne è in possesso [1]. La violazione di tali doveri integra una condotta rilevante dal punto di vista deontologico e quindi sanzionabile in quanto in contrasto con i doveri di probità, lealtà e decoro.
La violazione in esame «presuppone la prova -quantomeno mediante indizi gravi, precisi e concordanti- del conferimento dell'incarico professionale asseritamente rimasto inadempiuto, con la conseguenza che, in mancanza, l'incolpato va mandato assolto in base al principio accusatorio, in ossequio al quale l'addebito contestato (ed ogni suo antecedente logico-giuridico) deve essere provato dall'organo inquirente» (CNF, n.36/2019).
L'inadempimento al mandato professionale nella prassi
È stato ritenuto che:
- «integra inadempimento deontologicamente rilevante al mandato e violazione dei doveri di probità, dignità e decoro, la condotta dell'avvocato che, dopo aver accettato incarichi difensivi e aver ricevuto dal cliente somme a titolo di anticipi sulle relative competenze, abbia omesso di dare esecuzione al mandato professionale e abbia altresì omesso di informare l'assistito ovvero gli abbia fornito false indicazioni circa lo stato delle stesse» (CNF, n. 69/2019, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=70853);
- adotta un comportamento integrante illecito disciplinare, il difensore di fiducia o d'ufficio che non partecipa all'udienza. E ciò ove tale assenza non sia giustificata da una strategia concordata con il cliente. In tali casi, la condotta dell'avvocato è deontologicamente rilevante anche se la mancata partecipazione all'udienza non abbia determinato conseguenze negative per il proprio assistito. Quello che rileva, infatti, è il disvalore del comportamento negligente del professionista (CNF, n. 13/2019, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=70208);
- ove un avvocato è impossibilitato a partecipare a un'udienza per altri concomitanti impegni professionali ha il dovere di garantire adeguata sostituzione. La mancata sua sostituzione integra un inadempimento al mandato, «a nulla rilevando ai fini della sussistenza dell'illecito che da detto inadempimento non sia derivato alcun pregiudizio per la parte assistita, la cui sussistenza costituirebbe aggravante e non certo elemento costitutivo dell'illecito»(CNF, n. 267/2016, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=35244);
- «l'avvocato che non esegue il mandato professionale pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante sotto il profilo dell'art. 26 cdf [...], con violazione dei doveri di correttezza e lealtà nei confronti del cliente stesso» (CNF, n. 208/2018, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=69653;
- «la rilevanza disciplinare dell'inadempimento al mandato professionale presuppone che esso derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita (art. 26 cdf) ed è in ogni caso esclusa allorché si fondasse esclusivamente su una decisione giurisdizionale che rigetti la domanda della parte per motivi di rito asseritamente imputabili all'avvocato ma in realtà da ritenersi astrattamente infondati e comunque emendabili in sede di gravame, che la parte stessa ometta tuttavia di proporre » (CNF, n. 203/2018, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=69638);
- è rilevante deontologicamente il comportamento dell'avvocato che propone opposizione a decreto ingiuntivo, assegnando al convenuto un termine a comparire inferiore a 90 giorni e che manca di costituirsi nel termine dimezzato, con conseguente improcedibilità dell'opposizione stessa (CNF; n. 4/2018, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=37450).
Note
Art. 26 Codice deontologico forense: «1. L'accettazione di un incarico professionale presuppone la competenza a svolgerlo. 2. L'avvocato, in caso di incarichi che comportino anche competenze diverse dalle proprie, deve prospettare al cliente e alla parte assistita la necessità di integrare l'assistenza con altro collega in possesso di dette competenze. 3. Costituisce violazione dei doveri professionali il mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato o alla nomina, quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita. 4. Il difensore nominato d'ufficio, ove sia impedito di partecipare a singole attività processuali, deve darne tempestiva e motivata comunicazione all'autorità procedente ovvero incaricare della difesa un collega che, ove accetti, è responsabile dell'adempimento dell'incarico. 5. La violazione dei doveri di cui ai commi 1 e 2 comporta l'applicazione della sanzione disciplinare dell'avvertimento. La violazione dei doveri di cui ai commi 3 e 4 comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della censura».