Kilicdaroglu, stanotte, ha costretto Erdogan al ballottaggio, non era mai accaduto in vent'anni.
Quasi nessuno credeva che il Sultano, padrone assoluto della Turchia, potesse esser messo alle corde dal Gandhi del Bosforo. Che chiamano così da quando, per protestare contro gli arresti e le purghe di migliaia di dissidenti, decise di marciare, per 450 km da Ankara a Istanbul. Era il 2016, lo presero in giro dicendogli che avrebbe marciato da solo, invece furono in centinaia di migliaia di persone a partecipare, pacificamente, alla "Marcia per la Giustizia".
Kilicdaroglu non era nessuno. Famiglia, quella di origine, poverissima, lui da studente modello a impiegato al ministero, a direttore dell'Inps turco. Ma non ha avuto paura di sfidare un gigante: "Le nostre identità sono le risorse che ci rendono ciò che siamo" disse in un celebre discorso ai giovani per convincerli a votare per lui.
Per questo signore di 74 anni che, alla sua età, potrebbe scegliere una comoda vita da pensionato, la Turchia deve essere un paese libero, e una casa per tutti, l'uguaglianza tra i cittadini non un'aspirazione, la democrazia non di carta.
Ci sarà un altro turno, e nulla è scontato, ma Kilicdaroglu ha già vinto la sua partita, dimostrando al mondo che nulla è impossibile a chi crede ai propri sogni.