Di Piero Gurrieri su Venerdì, 16 Agosto 2019
Categoria: Avvocatura, Ordini e Professioni

"Io, magistrato e contadino nell'animo". Grazie a Marcello Musso, pm che accusò Riina

Marcello Musso, sostituto procuratore della Repubblica di Milano, non c'è più. È stato travolto ed ucciso in un incidente stradale, mentre, mentre percorreva la strada che collega Agliano e Costigliole d'Asti.

Il procuratore aveva 67 anni, ed al momento dello schianto mortale era in sella ad una bicicletta. Secondo le primissime ricostruzioni, l'incidente sarebbe avvenuto a pochi metri di distanza dalla sua abitazione, intorno alle 16 del pomeriggio. Il conducente dell'auto si è immediatamente fermato e ha cercato, senza alcun esito, di prestare i primi soccorsi al magistrato. Ma non c'è stato nulla da fare. Sul posto è intervenuta un'ambulanza del 118, e le forze dell'ordine. I medici null'altro hanno potuto fare che constatare il decesso del procuratore, mentre le forze dell'ordine hanno identificato il conducente dell'auto e gli hanno praticato un alcooltest, che comunque ha avuto un esito negativo

 Marcello Musso è stato un grande magistrato, i cui meriti erano riconosciuti da tutti. Un piemontese doc, originario di Asti, un magistrato poco presenzialista, che non badava ai fronzoli ma alla sostanza. Dal fare dimesso ed umile - amava definirsi "contadino nell'anima" - Musso è stato però, fino all'ultimo, uno straordinario combattente. Non era annoverato tra i cosiddetti magistrati antimafia, ma pochi come lui sono risultati talmente attivi sul fronte del contrasto alle mafie da essere considerato uno dei nemici giurati delle cosche. Musso, d'altra parte, aveva subito scelto come sede di lavoro una terra di frontiera, la Sicilia, e da lì aveva iniziato la sua battaglia contro il clan dei corleonesi. Si era poi spostato a Milano, e nel capoluogo ambrosiano aveva proseguito alla grande la propria battaglia, sostenendo l'accusa contro il capo dei capi, Totò Riina, e facendolo condannare all'ergastolo.

Ma nel mirino del procuratore erano finite altre grandi questioni, come l'inchiesta "Pavone", sul traffico di droga tra Quarto Oggiaro, la Brianza e Mariano Comense, e il processo contro Martina Levato e Alexander Boettcher, la coppia dell'acido. In quella concomitanza, il procuratore Musso era stato protagonista di un gesto di eccezione, finito solo per un caso all'attenzione del grande pubblico, a causa della presenza imprevista di una telecamera. Il procuratore, infatti, probabilmente commosso dalla storia, aveva portato un regalo al piccolo figlio della coppia in clinica e si era lasciato andare a un commento dolce, quasi da nonno, dicendo: "Il bimbo è bellissimo".

Il procuratore, a causa della propria intransigenza, era petò finito anche nel mirino della criminalità, e segnatamente della ndrangheta. Pedinamenti, minacce, messaggi anonimi "Ti immischi anche nel bambino" - ricava uno di questi, con un riferimento al figlio della Levato -, rippeti che sei orgoglioso discrazie degli altri ma attento. Acido ce n'è anche per te". Minacce gravi, che tuttavia non erano valse al procuratore una scorta, arrivata solo in un secondo momento.

Se ne va, quindi, un magistrato coraggioso, un esempio di come si dovrebbe stare in magistratura e comportarsi da magistrati. Se ne va un procuratore coraggioso, determinato, estremamente apprezzato anche dagli avvocati per il suo rigore morale ed uno spirito di sacrificio non comune. Una scomparsa non da poco per la magistratura milanese.