Riferimenti normativi: Art. 6, comma 2 – lett. d), D.P.R. n. 380/2001 e D.M. 2 aprile 2018.
Focus: La realizzazione di impianti fotovoltaici che sfruttano le fonti di energia rinnovabile fa ormai parte dei nuovi stili di costruzione degli edifici e rientra nell'attività edilizia libera a meno che essa ricada in zone di particolare pregio ambientale sottoposte a vincolo paesaggistico.
Principi generali: L'installazione degli impianti fotovoltaici, disciplinata dall'art. 6, c. 2 – lett. d), D.P.R. n. 380/2001 e dal D.M. 2 aprile 2018, non richiede il preventivo rilascio di permesso a costruire o di altro titolo abilitativo. Sono, invece, richiesti specifici permessi se l'installazione ricade negli << agglomerati urbani che rivestano carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale >> (art. 17 L. 6 agosto 1967, n. 765 e zona A) di cui al D.M. Lavori Pubblici 2 aprile 1968, n.1444). Infatti, se l'impianto deve essere installato in un'area protetta su cui è stato apposto dalla Pubblica Amministrazione un vincolo ambientale o paesaggistico sussiste il divieto, ex art.146 D.Lgs.n. 42/2004, di apportare modificazioni che arrechino pregiudizio ai beni oggetto di protezione. In tal caso è necessario che il privato, prima di installare l'impianto, richieda l'autorizzazione paesaggistica al Comune o alla Regione mediante la presentazione di un'istanza corredata da una relazione tecnica necessaria per valutare l'impatto ambientale delle opere da realizzare e la compatibilità dell'impianto con il quadro paesaggistico dell'area.
L'istanza dovrà essere trasmessa dall'Ente pubblico territoriale alla Soprintendenza all'Archeologia, Belle Arti e Paesaggio competente la quale esprime entro 45 giorni un parere obbligatorio che sarà vincolante per il Comune o la Regione. Fino all'ottenimento dell'autorizzazione il privato non può eseguire i lavori. Se il parere della Soprintendenza sarà negativo l'Ente pubblico territoriale non potrà discostarsene e dovrà respingere la richiesta. Il provvedimento di diniego deve contenere un'adeguata motivazione, e, quindi, deve indicare << i concreti elementi di fatto e di diritto ostativi alla realizzazione dell'intervento, in quanto pregiudizievoli alla tutela dell'interesse paesaggistico. Le motivazioni dell'eventuale diniego (seppur parziale) di autorizzazione paesaggistica alla realizzazione di un impianto di energia da fonte rinnovabile non possono ridursi a formule di stile e non è sufficiente che l'autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico rilevi una generica minor fruibilità del paesaggio sotto il profilo del decremento della sua dimensione estetica >>. Pertanto, se con la realizzazione dell'impianto manca una "compromissione dell'area protetta" il diniego di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica è illegittimo (Cons. di Stato sentenze nn. 2321/2016 e 1201/2016; Tar Milano sent. n. 1768/2017). Quindi, avverso il provvedimento di diniego di autorizzazione all'installazione dell'impianto fotovoltaico può essere proposto ricorso al Tar per far valere l'illegittimità dell'atto amministrativo e del parere negativo della Soprintendenza, su cui esso si fonda, che non abbiano tenuto conto dello stato dei luoghi e della compatibilità o meno dell'impianto che il privato richiede di realizzare con l'ambiente circostante.
La compatibilità paesaggistica è l'elemento principale di cui ha tenuto conto il Consiglio di Stato, con la sentenza n.3696/2020, nel riconoscere il mantenimento (trattandosi di un procedimento di sanatoria) di un piccolo impianto fotovoltaico installato sulla copertura di una tettoia posta sopra un manufatto preesistente. A tal proposito ha affermato che: "l'opera progettata o realizzata dal privato ha una espressa qualificazione legale in termini di opera di pubblica utilità, soggetta fra l'altro a finanziamenti agevolati; non può ridursi all'esame dell'ordinaria contrapposizione interesse pubblico/interesse privato, che connota generalmente il tema della compatibilità paesaggistica negli ordinari interventi edilizi, ma impone una valutazione più analitica che si faccia carico di esaminare la complessità degli interessi coinvolti". Infatti, la produzione di energia elettrica da fonte solare "è essa stessa attività che contribuisce, sia pur indirettamente, alla salvaguardia dei valori paesaggistici". In pratica, l'accertamento di compatibilità paesaggistica non può non tenere conto della pubblica utilità, di cui possono essere espressione anche opere realizzate dai privati. Ancor più nei casi – come quello di specie – in cui l'opera in questione, oltre ad essere incentivate su larga scala, è ormai considerata elemento normale del paesaggio, tanto dall'ordinamento quanto dalla sensibilità collettiva. Sicché, la sola visibilità di pannelli fotovoltaici da punti di osservazione pubblici non può configurare ex se un'ipotesi di incompatibilità paesaggistica, in quanto la loro presenza sulla sommità degli edifici non è più percepita come fattore di disturbo visivo. Di conseguenza, "la Soprintendenza, quale autorità amministrativa preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, deve operare in concreto una valutazione che si faccia carico della totalità degli interessi coinvolti e, in caso di esito negativo, deve fornire una congrua ed analitica motivazione che esponga le ragioni di effettiva incompatibilità dell'impianto con gli specifici valori paesaggistici del luogo". Tale principio trova conferma anche nella recente sentenza del T.A.R.di Brescia n.29/2021.