Di Elsa Sapienza su Sabato, 20 Maggio 2023
Categoria: Famiglia e Conflitti

Infedeltà, prove e messaggistica.

 La comunicazione al giorno d'oggi avviene sempre meno di frequente per mezzo della telefonata e sempre di più tramite whatsapp, facebook, skype.

Ed ecco che anche la giurisprudenza si è dovuta adeguare evolvendosi verso interpretazioni estensive che oggi portano ad affermare l'orientamento secondo il quale anche le chat possono costituire uno strumento di prova.

Difatti, esse ben possono essere considerate cosiddette "prove atipiche" e cioè quelle che pur non essendo espressamente tipizzate dalla legge possono essere considerate tali dal giudice secondo la sua prudente interpretazione e valutazione.

In particolare, nel processo civile le fotografie, le fotocopie, le mail semplici e gli sms vengono considerati riproduzioni meccaniche (cioè, copie) che hanno lo stesso valore di una prova documentale.

L'avvocato farà quindi lo screenshot della chat incriminata, per poi stamparlo ed allegarlo come qualsiasi documento al fascicolo di parte, utilizzando un supporto rigido come un cd, un dvd, una pennetta usb; il contenuto ovviamente potrebbe anche essere trascritto.

Vi è da dire però che nel caso di contestazione della controparte, il legale dovrà chiedere l'acquisizione del cellulare a processo.

Ovviamente anche la riproduzione meccanica potrebbe essere contestata ed in tal caso non potrà essere considerata come prova se accompagnata da motivazioni che la giustifichino.

Un altro problema da considerare riguarda la possibile violazione della privacy.

In tal caso la disciplina cambia a seconda del procedimento, in quanto mentre nel processo penale ogni prova acquisita illegittimamente è inutilizzabile, nel processo civile il giudice può svolgere valutazioni diverse e decidere secondo la propria discrezionalità.

 D'altra parte, è abbastanza comune che un coniuge guardi il cellulare del partner soprattutto in caso di convivenza.

In tal caso la lettura di qualche espressione amorosa, intima o foto compromettenti, potrebbero essere portate in giudizio ed essere utilizzate per chiedere l'addebito della separazione.

Una recente e interessante sentenza della Corte di Cassazione, ordinanza n. 13121 del 12.05.2023 ha affrontato tutti questi aspetti ed ha chiarito le condizioni di validità e di utilizzazione processuale dei contenuti di WwhattsApp.

Secondo la Suprema Corte, il diritto alla riservatezza cede di fronte a quello primario e più importante di far valere un proprio diritto in giudizio.

Il dovere di fedeltà, costituisce difatti uno dei principali obblighi che derivano dal matrimonio, sancito espressamente dalla legge insieme all'obbligo di assistenza morale e materiale e a quello di coabitazione.

Pertanto, attraverso una interpretazione estensiva di tale obbligo la giurisprudenza eleva tra gli altri, anche l'impegno dei partners a non ledere la dignità e l'onore del coniuge.

In tal senso, si potrà parlare anche in altri casi di infedeltà e addebito della separazione, allorquando uno dei due sia responsabile dell'infedeltà, intesa nel senso ampio di cui sopra.

Occorre, però, che l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza matrimoniale, sia derivata proprio dalla violazione del dovere di fedeltà e non da altri fattori.

La giurisprudenza di legittimità richiede infatti tale accertamento secondo cui il tradimento abbia provocato esso stesso la crisi coniugale, in quanto la pronuncia di addebito non potrà fondarsi sulla sola e pur constatata violazione dell'obbligo qualora la crisi fosse già maturata da tempo anche per altre cause.

In tale prospettiva emerge l'importanza delle conversazioni intrattenute dal coniuge con altri soggetti, anche a distanza e per via telematica, che possono dimostrare l'avvenuta infedeltà. 

 In un processo svoltosi presso il Tribunale di Monza (sent. n. 1578 del 23.1.2020) era emerso che il marito intratteneva da tempo una relazione con un'altra donna provata tramite le chat su WhatsApp prodotte dalla moglie e che i giudici avevano esaminato e valutato ritenendo che fossero utilizzabili in base alla legge, quali argomenti di prova, poiché il marito non ne aveva provato la loro illecita acquisizione da parte della moglie.

La Suprema Corte, ha rilevato la possibilità di trattare dati sensibili come quelli estrapolati dalle chat su WhatsApp del partner,  alla luce del diritto di difesa riconosciuto ai sensi dell'art. 24 della Costituzione e in quanto l'art. 51 del codice penale scrimina gli atti costituenti reato quando vengono compiuti nell'esercizio di un diritto.

Nella vicenda concretamente esaminata dalla Corte, una figlia aveva informato il padre del contenuto delle conversazioni su WhatsApp intrattenute dalla madre, che documentavano l'esistenza di relazioni extraconiugali.

Il marito le aveva allegate al ricorso di separazione, ma la moglie si era opposta, lamentando che le riproduzioni erano state estrapolate dal suo telefono senza il suo consenso ed erano, pertanto, state illegittimamente acquisite agli atti del giudizio. Ma, i giudici non accoglievano tale difesa della signora, anche perché ella non aveva contestato specificamente il tradimento.

Occorre infatti che le contestazioni siano chiare e specifiche.

Nei due casi giudiziari esaminati ciò non era avvenuto, e, pertanto, il Collegio ha ritenuto i contenuti delle chat su WhatsApp del coniuge scoperto, fonti di prova "liberamente valutabili" per dimostrare l'esistenza di una relazione extraconiugale intrattenuta dalla moglie e fondare così l'addebito della separazione nei suoi confronti.

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