Di Anna Sblendorio su Sabato, 09 Marzo 2024
Categoria: Deontologia forense: diritti e doveri degli avvocati

Inapplicabilità del principio del ne bis in idem nel procedimento disciplinare in caso di recidiva

 Fonte: https://www.codicedeontologico-cnf.it

Con sentenza n.290 del 5 dicembre 2023 il Consiglio Nazionale Forense ha affrontato il tema della non applicabilità del divieto del ne bis in idem nel procedimento disciplinare e in special modo nell'ipotesi in cui la contestazione riguardi la reiterazione di un comportamento per il quale l'incolpato sia stato in precedenza sanzionato.

I fatti del procedimento

L'avvocato ricorrente, in età giovanile, ha cagionato lesioni personali ad altri e per tale sinistro è stato condannato in sede penale al pagamento della provvisionale di venti milioni (che ha provveduto a versare), ma non ha mai provveduto al pagamento dei danni liquidati in sede civile.

Il ricorrente, nel frattempo divenuto avvocato, è stato sottoposto ad un primo procedimento disciplinare, conclusosi con la sanzione disciplinare dell'avvertimento e successivamente ad un secondo procedimento disciplinare per l'omesso adempimento del pagamento delle spese di lite liquidate nelle due sentenze d'appello e di cassazione in violazione dell'art. 9 comma 2 CDF a norma del quale "L'avvocato, anche al di fuori dell'attività professionale, deve osservare i doveri di probità, pagina 5 di 34 dignità e decoro, nella salvaguardia della propria reputazione e della immagine della professione forense" e dell'art. 64 comma 2 CDF per il quale "L'inadempimento ad obbligazioni estranee all'esercizio della professione assume carattere di illecito disciplinare quando, per modalità o gravità, sia tale da compromettere la dignità della professione e l'affidamento dei terzi."

All'esito di questo procedimento il CDD ha applicato all'avvocato la sanzione disciplinare dell'avvertimento inquadrando la violazione disciplinare nell'ambito dell'art.63 CDF ("L'avvocato, anche al di fuori dell'esercizio del suo ministero, deve comportarsi, nei rapporti interpersonali, in modo tale da non compromettere la dignità della professione e l'affidamento dei terzi" comma 1).

Il ricorrente ha proposto ricorso al Consiglio Nazionale Forense, invocando:

La decisione del Consiglio Nazionale Forense

Il Consiglio Nazionale Forense ha ritenuto infondata l'eccezione della violazione del principio del ne bis in idem, rilevando che a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, nonostante sia identica la violazione, diverso si è il fatto che ha dato origine alle due incolpazioni.

Infatti mentre il COA ha sanzionato l'omesso pagamento dei danni liquidati con sentenza civile, l'oggetto del giudizio disciplinare dinanzi al CDD riguarda il mancato pagamento alle spese di lite liquidate in favore dell'esponente nelle sentenze della Corte di Appello e della Corte di Cassazione.

Tra l'altro il Consiglio ha ricordato la giurisprudenza di legittimità e quella disciplinare che afferma la non applicabilità del principio del ne bis in idem al procedimento disciplinare: infatti, "Il "ne bis in idem" è un principio di ordine pubblico processuale che non è "esportabile" nei procedimenti amministrativi, ontologicamente diversi, sicché non trova applicazione nei procedimenti disciplinari avanti ai Consigli territoriali forensi" (Corte di Cassazione SS.UU, sentenza n. 10852 del 23 aprile 2021; Consiglio Nazionale Forense sentenza n. 187 del 3 novembre 2021).

Quanto alla mancata contestazione della recidiva, il Consiglio ha rammentato la pacifica giurisprudenza secondo la quale è ammissibile la valutazione dei pregiudizi disciplinari sulla scorta della complessiva rappresentazione delle vicende disciplinari coinvolgenti l'incolpato.  

 In relazione al mancato pagamento il Consiglio ha richiamato l'orientamento secondo il quale "commette e consuma illecito deontologico l'avvocato che non provveda al puntuale adempimento delle proprie obbligazioni nei confronti dei terzi e ciò indipendentemente dalla natura privata o meno del debito", ciò in virtù sia della funzione di questo onere giuridico e deontologico, che mira a tutelare l'affidamento dei terzi nella capacità dell'avvocato al rispetto dei propri doveri professionali sia della negativa pubblicità che deriva dall'inadempimento che si riflette sulla reputazione del professionista e sull'immagine della classe forense. Tra l'altro questo illecito deontologico risulta ancora più grave nel caso in cui il professionista, non adempiendo ad obbligazioni titolate, giunga a subire protesti, sentenze, atti di precetto e richieste di pignoramento, considerato che l'immagine dell'avvocato risulta in tal modo compromessa agli occhi dei creditori e degli operatori del diritto quali giudici ed ufficiali giudiziari (Cfr. Consiglio Nazionale Forense sentenza n. 37 del 29 aprile 2022 e Corte di Cassazione SS.UU, sentenza n. 19163 del 2 agosto 2017).

Infine il Consiglio ha ritenuto adeguata la sanzione irrogata in quanto nell'individuazione della sanzione concretamente applicata occorre tenere conto anche dalla sussistenza di precedenti.

Per questi motivi il Consiglio Nazionale Forense ha rigettato il ricorso.  

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