Con provvedimento n. 4616/2021, depositato il 9 febbraio 2022 le SEZ. U. penali, in tema di pornografia minorile, hanno affermato che si ha "utilizzazione" del minore ai fini dell'integrazione del reato di produzione di materiale pedopornografico di cui all'art. 600-ter, c. 1, c.p. allorquando, all'esito di un accertamento complessivo che tenga conto del contesto di riferimento, dell'età, maturità, esperienza, stato di dipendenza del minore, si appalesino forme di coercizione o di condizionamento della volontà, restando escluse dalla rilevanza penale solo condotte realmente prive di offensività rispetto alla integrità psico-fisica del minore stesso; mentre, la diffusione verso terzi del materiale pornografico realizzato con un minore degli anni diciotto integra il reato di cui all'art. 600-ter, c. 3 e 4, c.p. ed il minore non può prestare consenso ad essa.
I fatti di causa
La Corte di appello di Roma, con sentenza del 17/01/2020, confermava quella resa dal G.u.p. con la quale il ricorrente veniva condannato, all'esito del giudizio abbreviato, condizionato all'audizione della persona offesa, per il reato p. e p. dagli artt. 81, 600 ter, c. 1, n. 1, c.p., perché con più azione esecutive di un medesimo disegno criminoso, utilizzando la minore, con la quale aveva instaurato una relazione intima, produceva materiale pornografico realizzando immagini della stessa che la ritraevano nel compimento di atti sessuali ed altresì diffondendo o divulgano il predetto materiale immettendolo in rete e rendendolo accessibile sui social network Facebook. La Corte di appello aveva ritenuto integrata la fattispecie incriminatrice ritenendo sussistente la condotta di utilizzazione della minore per realizzare le immagini pedopornografiche, dovendosi considerare non rilevante che la minore, come dalla stessa dichiarata dinanzi al G.u.p., avesse acconsentito sia alla realizzazione sia alla loro parziale cessione. Avverso la sentenza l'imputato a proposto ricorso per Cassazione, articolato in tre motivi. Con il primo motivo si deduceva l'erronea applicazione dell'art 600 ter, c. 1, c.p., ed il vizio motivazionale. Nello specifico la Corte di appello avrebbe fornito un'erronea interpretazione del reato di pornografia minorile, per come interpretato dalle Sez. U. n.51815/2018 e dalla normativa internazionale in materia. Con il secondo motivo si eccepiva il difetto di motivazione circa il diniego opposto alla richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, ai sensi dell'art 603, c.p.p., in relazione all'audizione della persona offesa. Da ultimo, con il terzo motivo denunciava l'erronea applicazione dell'art 600 ter, c. 1, c.p., stante l'impossibilità di poter ravvisare il concetto di "utilizzazione" della minore in assenza di una manipolazione della stessa, pertanto, chiedeva la derubricazione nel reato di cui all'art 600 ter, c. 4, c.p.
L'ordinanza di remissione
Con ordinanza del 22/04/2021 la Terza Sezione penale ha rimesso gli atti alle Sez. U., per la particolare rilevanza della questione, stanti gli argomenti di dissenso rispetto alla soluzione cui erano pervenute nel 2018, allorquando avevano delineato l'ambito della c.d. pedopornografia domestica, affermando che non sussiste l'utilizzazione del minore nell'ipotesi in cui la realizzazione delle immagini o video che abbiano ad oggetto la vita sessuale dello stesso avvenga nell'ambito di un rapporto che non sia caratterizzato da condizionamenti derivanti dalla posizione di superiorità dell'autore, sicché siano frutto di una libera scelta del minore e destinate ad un uso strettamente personale. Ciò posto, a parere del Collegio remittente, la risoluzione della questione di diritto trasfusa nei motivi di ricorso impone una messa in discussione della conclusione cui è giunto il diritto vivente, mancando una differenziazione tra la relazione interpersonale paritaria, cioè nata tra soggetti della stessa età e la relazione interpersonale tra un minore e un adulto, relazione che non necessariamente sarà caratterizzata da una posizione di supremazia, ma che difficilmente potrà essere definita paritaria. Con riferimento al caso di specie, il Collegio, da un lato non condivide la tesi difensiva secondo la quale il consenso dell'atto sessuale include il consenso alla sua rappresentazione documentale e, quindi, digitale. Pertanto, la sentenza impugnata, nella parte in cui afferma che il minore di diciotto anni non potrebbe prestare un valido consenso alla produzione del materiale pedopornografico, in quanto non in grado di discernere le possibili ripercussioni future sulla sua sfera personale, potrebbe risultare in contrasto con la già menzionata pronuncia a SEZ. U., laddove non tiene conto della necessità di verificare l'esistenza o meno di un rapporto paritario tra il minore e l'adulto. Per tutte queste ragioni, la questione rimessa alle SEZ. U. è la seguente: "Se, e in quali limiti, la condotta di produzione di materiale pedopornografico realizzata con il consenso del minore ultraquattordicenne, nel contesto di una relazione con persona maggiorenne, configuri il reato di cui all'art 600 ter, primo comma, n. 1, cod. pen."
La decisione delle Sez. U.
Premettendo che, l'art 600 ter, c.p.., si articola in una pluralità di ipotesi di reato tra loro autonome e diversamente strutturate, ordinate secondo un criterio gerarchico di gravità decrescente. Innanzitutto, le Sez. U. ribadiscono quanto affermato in precedenza, vale a dire, che il discrimine fra il penalmente rilevante e il penalmente irrilevante non è il consenso del minore in quanto tale, ma la configurabilità dell'utilizzazione. In quest'ottica, fuoriesce dall'ambito applicativo dell'art 600 ter, c.p., soltanto la produzione di materiale pedopornografico realizzato senza l'utilizzazione del minore e con il consenso espresso di colui che abbia raggiunto l'età per manifestarlo. Riguardo il concetto di "utilizzazione", il termine sta ad indicare la condotta di colui che manovra, adopera, strumentalizza o sfrutta il minore servendosi dello stesso e facendone uso nel proprio interesse. Ciò posto, già nella pronuncia delle Sez. U. del 2018 venivano indicati una serie di elementi, esemplificativi, dai quali ricavare la condizione di utilizzazione del minore. Ancora, a parere del Collegio, si rende necessaria una specifica riflessione sull'art 609 quater, c.p., per come recentemente modificato, che disciplina il consenso del minore e da una valutazione del grado di maturità dello stesso. Da ultimo, le Sez. U., hanno ritenuto necessaria la verifica di tutti gli aspetti di cui si è dato atto anche nell'ipotesi di una relazione effettiva tra adulto e minore. Quanto al consenso all'atto sessuale, eventualmente prestato, questo non include automaticamente quello della registrazione dell'attività o alle riprese di carattere intimo e di natura pedopornografica, inoltre, il consenso prestato dovrà necessariamente avere riguardo anche alla successiva conservazione delle immagini da parte da parte di chi le ha realizzate nell'ambito della relazione o del rapporto. Infatti, il mancato accordo del minore alla conservazione incide specificatamente sulla valutazione in ordine alla utilizzazione, dal momento che il disaccordo alla conservazione delle immagini inficia anche l'inziale consenso prestato.
La conclusione delle Sezioni Unite.
In conclusione, le Sez. U. sono giunte ad affermare il seguente principio: "Si ha "utilizzazione" del minore allorquando, all'esito di un accertamento complessivo che tenga conto del contesto di riferimento, dell'età, della maturità, esperienza, stato di dipendenza del minore, si appalesino forme di coercizione o di condizionamento della volontà del minore stesso, restando escluse dalla rilevanza penale solo condotte realmente prive di offensività rispetto all'integrità psico – fisica dello stesso".
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