Nell'ipotesi di inerzia della pubblica amministrazione a ottemperare al giudicato (ovvero ad adempiere all'obbligo nascente da sentenza provvisoriamente esecutiva o da ordinanza cautelare), qualora sia insediato un commissario ad acta al quale è conferito il potere di rimediare a detta inerzia, fino a quando questi non abbia provveduto, si verifica una situazione di esercizio concorrente del potere da parte dell'amministrazione, che ne è titolare ex lege, e da parte del commissario, che, per ordine del giudice, deve provvedere in sua vece. Ne consegue che gli atti emanati dall'amministrazione, anche in presenza della nomina e dell'insediamento del commissario ad acta, non possono essere considerati di per sé affetti da nullità.
Questo ha statuito il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), con sentenza n. 8 del 25 maggio 2021.
Ma vediamo il caso sottoposto all'esame dei Giudici amministrativi (http://giustizia-amministrativa.it).
I fatti di causa
La Quarta Sezione del Consiglio di Stato adito ha rimesso all'Adunanza Plenaria la decisione sugli appelli dinanzi alla stessa pendenti, per la decisione, principlmlente, in merito alla questione dei poteri che spettano al commissario ad acta e all'amministrazione soccombente nel giudizio proposto avverso il suo silenzio e rimasta inerte a ottemperare nell'ipotesi in cui quest'ultima provveda tardivamente rispetto al termine fissato dal giudice amministrativo. In buona sostanza, la questione sottoposta all'attenzione dell'Adunanza Plenaria è quella di esaminare il regime giuridico dell'atto emesso tardivamente dalla P.A., in presenza del commissario ad acta.
Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito dal Consiglio di Stato.
La decisione del CdS
Innanzitutto occorre far rilevare che l'art. 21 del codice del processo amministrativo (c.p.a.) prevede che "nell'ambito della propria giurisdizione, il giudice amministrativo, se deve sostituirsi all'amministrazione, può nominare come proprio ausiliario un commissario ad acta". La nomina di tale ausiliario è prevista sia nei casi in cui il giudice dispone misure idonee ad assicurare l'attuazione del giudicato e delle pronunce non sospese (art. 34, co. 1, lett. e, c.p.a.), sia nelle ipotesi in cui il giudice dell'ottemperanza ne ravvisi la necessità (art. 114, co. 4, lett. c.p.a.), sia nell'ambito del giudizio sul silenzio dell'amministrazione, quando "il giudice nomina, ove occorra, un commissario ad acta con la sentenza con cui definisce il giudizio o successivamente, su istanza della parte interessata" (art. 117, co. 3 c.p.a.) e sia nel caso di esecuzione delle misure cautelari (art. 59 c.p.a.). Dal quadro normativo su richiamato appare evidente che la figura del commissario ad acta si qualifica come "ausiliario del giudice" e tale ausiliario viene nominato tutte le volte che il giudice debba sostituirsi all'amministrazione. Diversamente dagli altri ausiliari previsti dal Codice, quali il verificatore e il consulente tecnico, che assistono il giudice "per il compimento di singoli atti o per tutto il processo" e dunque svolgono compiti strumentali e antecedenti alla pronuncia della sentenza (alla quale sono finalizzati), il commissario ad acta svolge compiti ausiliari del giudice "dopo" la decisione, laddove questi, nell'ambito della propria giurisdizione, "deve sostituirsi all'amministrazione". La natura di organo ausiliario del giudice del commissario ad acta stabilita normativamente fa sì che tale organo non possa essere considerato nemmeno in via "aggiuntiva" come organo straordinario dell'amministrazione. E ciò anche in considerazione del fatto che gli organi amministrativi, quanto alla loro esistenza, natura e competenza (poteri) sono istituiti dalla legge, mentre l'esistenza del commissario ad acta tra origine da una fonte giurisdizionale.
L'esclusione della natura di organo straordinario dell'amministrazione del commissario ad acta discende anche dal tipo di poteri che detto ausiliario del giudice è chiamato a esercitare, ossia poteri amministrativi non finalizzati alla cura dell'interesse pubblico, ma finalizzati a dare attuazione alla pronuncia del giudice. La natura di ausiliario del giudice non esclude il fatto che il commissario ad acta, nel dare esecuzione alla decisione del giudice, adotti atti amministrativi, anche di natura provvedimentale, in luogo dell'amministrazione inadempiente, ma ciononostante il potere del predetto commissario resta comunque distinto, sul piano genetico e funzionale, da quello di cui l'amministrazione è titolare. Con l'ovvia conseguenza che gli effetti degli atti posti in essere dal commissario ad acta si imputano alla sfera giuridica dell'amministrazione non già come conseguenza del fatto che il commissario è organo straordinario della medesima [...], bensì perché tali effetti si producono nella sfera giuridica dell'amministrazione per derivazione dalla decisione del giudice (articoli 2908, 2909 c.c.). Alla luce di queste considerazioni, pertanto, appare evidente che:
- la nomina del commissario ad acta non esaurisce la competenza della p.a. (CdS, n. 2764/2011):
- gli atti emanati dall'amministrazione, pur in presenza della nomina e dell'insediamento del commissario ad acta, non possono essere considerati affetti da nullità, poiché essi sono adottati da un soggetto nella pienezza dei propri poteri, a nulla rilevando a tal fine la nomina o l'insediamento del commissario medesimo;
- qualora il commissario ad acta adotti atti dopo che l'amministrazione abbia già provveduto a dare attuazione alla decisione, gli stessi sono da considerarsi inefficaci e, ove necessario, la loro rimozione può essere richiesta da chi vi abbia interesse al giudice dell'ottemperanza o del giudizio sul silenzio. Allo stesso modo deve concludersi per la speculare ipotesi di atti adottati dall'amministrazione dopo che il commissario abbia provveduto.