La prima cosa che colpisce quando ci si approccia con la legislazione italiana è la quantità di leggi esistenti. E la domanda sorge spontanea: quante sono? La risposta è disarmante: nessuno è in grado di saperlo; nemmeno in maniera approssimata. Chi dice 250.000, chi 350.000. Mettetevi nei panni del povero giudice o dello sventurato avvocato che in questo mare magnum deve trovare la norma giusta da adattare al caso concreto.
Che rabbia pensare che ai tempi di Mosè ci si limitava ai soli dieci comandamenti! L'abnorme quantità di leggi dipende da diversi fattori, non ultimo dal fatto che, emanata una legge, essa resta in vigore fino a quando non viene espressamente o tacitamente abrogata. Così sono ancora vigenti norme che risalgono a un secolo e mezzo fa, al tempo della proclamazione dell'Unità d'Italia. Immaginate quale attualità può avere avuto negli anni della Repubblica la prima legge dell'Italia Unita (21 aprile 1861 n. 1) «che stabilisce la formola con cui devono essere intestati tutti gli atti intitolati in nome del re», abrogata soltanto nel 2008.
L'allora ministro Roberto Calderoli ha tentato di dare una sfoltita all'immensa selva normativa italiana abolendo ben 36.000 leggi. Ma non tutto è filato liscio. Gli amanti dei film di Totò ricorderanno quel capolavoro del principe della risata che è "La banda degli onesti". Alla fine del film il povero Totò, dopo avere tentato di spacciare soldi falsi, spinto un po' dal rimorso e un po' dalla paura, assieme ad altri accoliti da strapazzo, brucia in un falò dal sapore catartico il frutto del misfatto. Ma nell'eccitazione del momento non si accorge – ahimè – di bruciare pure quelle (poche) banconote vere che teneva in tasca.
Ebbene, l'allora ministro ha fatto qualcosa di simile: per dirne una, accanto all'abolizione della legge 4 gennaio 1938 n. 28 che si occupava dei colombi viaggiatori (decisamente meno concorrenziale della Fibra), ha abolito anche la legge istitutiva di ben 79 Comuni, il regio decreto legge 4 giugno 1944 n. 186 che prevede(va) la soppressione del divieto per le donne di impartire alcuni insegnamenti e di assumere alcuni uffici direttivi negli istituti di istruzione media» (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 53 dell'8 settembre 1944), il «decreto legislativo luogotenenziale 1° febbraio 1945 n. 23. - estensione alle donne del diritto di voto» (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 22 del 20 febbraio 1945) e persino il decreto legislativo luogotenenziale 10 agosto 1944 n. 224 che aveva abolito la pena di morte!
A titolo di mera di curiosità si ricorda che uno dei primi Stati ad abolire la pena di morte fu il Granducato di Toscana nel lontano 1786, mentre nel nostro codice penale militare di guerra la pena capitale è stata ufficialmente abolita solo nel 1994. Troppo tardi? Manco per idea, se si pensa che nello Stato del Vaticano essa è rimasta in vigore (solo formalmente si intende) sino al 2001, in palese contrasto con il quinto Comandamento che dovrebbe valere più di ogni Costituzione! Per fortuna dalla fucilazione ci salveranno altre leggi che vietano il patibolo: la nostra Costituzione e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. E le donne continueranno a tenere lezioni e a votare regolarmente.
Tra le leggi abolite senza rimpianto ci limiteremo a ricordarne qualcuna fra le più curiose e anacronistiche di due secoli fa: la legge 1° giugno 1861 n. 38, che fissa la maggiore età nelle provincie lombarde (stavolta la Lega Nord non c'entra), la legge 23 giugno 1861 n. 61, per la concessione della pensione alle vedove ed alla prole di militari, il cui matrimonio non fu autorizzato, e che morirono sul campo di battaglia, o per ferite ricevute in guerra (il riferimento è alle guerre di indipendenza o alle cinque giornate di Milano!), la legge 30 giugno 1861 n. 73, che ordina il ritiro delle monete erose nelle provincie dell'Emilia, delle Marche e dell'Umbria, e loro Concambio colle nuove monete. Ma – ci si chiede - perché mai le monete si erodevano solo nelle Marche, in Umbria e in Emilia? Forse le mani degli abitanti di quelle Regioni emanavano un tipo di sudore particolarmente corrosivo?
E ancora: la legge 11 dicembre 1864 n. 2032, per il trasporto della Capitale del Regno d'Italia a Firenze. Dovevano passare ancora anni per arrivare alla Breccia di Porta Pia (1870) e Roma diventerà Capitale nel giugno dell'anno dopo, la legge 27 aprile 1865 n. 2260, approvativa dello stanziamento di una somma a favore dei "compromessi politici del 1820 e 1821 che versano in istretto bisogno" (anche allora c'era i compromessi?), la legge 30 maggio 1875 n. 2531, relativa alla introduzione della riforma giudiziaria in Egitto. Ma che riforma d'Egitto, si chiederà il lettore! Tutte leggi abolite pochi anni fa! Dopo il selvaggio sfoltimento legislativo, ci si è subito resi conto dell'avvenuta 'strage delle leggi innocenti' e con decreto legislativo 1° dicembre 2009 n. 179 si è provveduto a metterci una pezza, pubblicando sulla Gazzetta Ufficiale del 14 dicembre 2009 un elenco di ben 3.236 provvedimenti legislativi cancellati per errore e fatti risuscitare!
Nonostante tante sforbiciate, rimangono ancora tante norme inutili e contraddittorie, alle quali si aggiungono altrettanti innumerevoli decreti, e poi ancora circolari esplicative. E poi le sentenze della Cassazione. E poi le nuove leggi che un Parlamento - sempre distratto - sforna col metodo del "rattoppo", senza cioè abolire espressamente una legge, ma sostituendo parole o frasi, creando ulteriore confusione negli operatori e rafforzando spesso il convincimento che le leggi in alcuni casi si applicano, in altri si interpretano. O no?