Con la sentenza in commento, la n. 10370, depositata lo scorso 19 marzo, la Corte di Cassazione precisa il valore delle dichiarazioni della persona offesa e della parte civile con particolare riferimento al reato di falso giuramento della parte.
L'art. 371 c.p. dispone che "Chiunque, come parte in giudizio civile, giura il falso è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Nel caso di giuramento deferito d'ufficio, il colpevole non è punibile, se ritratta il falso prima che sulla domanda giudiziale sia pronunciata sentenza definitiva, anche se non irrevocabile.
La condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici."
IL reato di cui all'art. 371 c.p. è delitto contro l'amministrazione della giustizia.
Si tratta di fattispecie incriminatrice lesiva dell'interesse della collettività al corretto funzionamento della giustizia.
La persona singola, che abbia subito un danno diretto o indiretto, può assumere solo la qualifica di persona danneggiata dal reato.
Venendo alla valenza probatoria delle dichiarazioni della persona danneggiata, la Corte ha precisato che tali dichiarazioni possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato.
Alle dichiarazioni della persona offesa non si applicano dunque le regole dettate dall'art. 192 c.p.p., comma 3.
E' però sempre necessaria la previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto.
Aggiunge la Corte che la verifica, con riguardo alla persona offesa, deve essere ancor più penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone.
Nel caso in cui la persona offesa sia costituita parte civile, può essere opportuno poi procedere alla verifica di risconti esterni.