Siamo in piena estate e tra le vie e i vicoli di tanti centri storici delle nostre città, soprattutto in quelle che diventano mete di affluenze turistiche esplode la c. d. movida.
Quante proteste e quante telefonate alle forze dell'ordine da parte dei residenti che non riescono a chiudere occhio durante le ore notturne per gli schiamazzi e il vocio degli avventori di bar, pub e locali vari che non curanti di tutto ciò, continuano imperterriti nei loro riti estivi con calici e boccali di vino e birre che alleviano la calda estate .
Che si fa in questi casi? A chi si rivolge, chi deve essere individuato come responsabile del mancato riposo notturno degli abitanti del quartiere?
Cercheremo di dare le giuste risposte a queste domande esaminando la sentenza della Corte di Cassazione n. 30644 del 6 luglio 2018 Sez. 3. Terza Sezione Penale della Corte,
Con la citata sentenza i giudici della Terza Sezione Penale della Corte hanno stabilito che è sempre il titolare dell'esercizio ad essere individuato quale responsabile per il reato di cui all'art. 659 c.p. che punisce chi disturba il riposo e le occupazioni delle persone. In capo al titolare infatti incombe il dovere di intervenire per far cessare gli schiamazzi e le urla dei propri clienti. Risponde sempre il titolare anche nell'ipotesi in cui a gestire nei fatti il locare sia una terza persona
I Fatti
Con sentenza del Tribunale di Napoli la titolare di un locale veniva condannata alla pena di euro 300,00 di ammenda, in relazione al reato di cui agli art. 81 e 659 del cod. pen. perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in tempi diversi, mediante schiamazzi o rumori provocati dalla sua attività disturbava il riposo delle persone. Avverso la pronuncia di condanna l'imputata, tramite il proprio difensore,ricorreva per Cassazione deducendo quali motivi: la manifesta illogicità della motivazione relativamente alla responsabilità della ricorrente. Il difensore spiegava nel ricorso che la ricorrente aveva affidato la gestione, dell'esercizio commerciale, al marito e pertanto la stessa doveva essere esonerata da qualsiasi responsabilità sia da un punto di vista soggettivo sia oggettivo.
Veniva inoltre dedotta la violazione di legge, art. 659, cod. pen. in relazione alla determinazione della pena. Il giudice è incorso in un errore nel determinare la pena inflitta in quanto superiore al limite edittale previsto dalla norma. il giudice infatti ha ritenuto configurato il reato di cui all'art. 659, comma 1, cod. pen. e con la concessione delle circostanze attenuanti generiche ha determinato la pena nel seguente modo: pena base euro 450,00 (superiore al minimo edittale) ridotta ad euro 300,00 per l'art. 62 bis, cod. pen.
Infine veniva dedotta la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione, relativamente all'omessa concessione della sospensione condizionale della pena.
Motivazione
I giudici della Terza Sezione hanno ritenuto inammissibile il ricorso proposto per manifesta infondatezza dei motivi e per genericità, peraltro articolato in fatto, ad eccezione della determinazione del trattamento sanzionatorio.
I giudici di legittimità hanno ritenuto irrilevante la circostanza dedotta dalla ricorrente secondo cui la gestione dell'esercizio era stata di fatto ceduta al marito. Sul punto la sentenza impugnata e immune da manifeste illogicità e contraddizioni, infatti la contravvenzione in questione individua nel titolare dell'esercizio commerciale che non impedisce i rumori molesti quale responsabile. Lagiurisprudenza della più volte si è espressa in tal senso (Sez.F, n. 34283 del 28/07/2015 - dep. 06/08/2015, Gallo, Rv. 26450101; e nello stesso senso, Sez. 1, n. 48122 del 03/12/2008 - dep. 24/12/2008, Baruffaldi, Rv. 24280801: «Risponde del reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone il gestore di un pubblico esercizio (nella specie, una pizzeria) che non impedisca i continui schiamazzi provocati degli avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore notturne - In capo al titolare si individua un preciso obbligo giuridico di controllare, con possibile ricorso ai vari mezzi offerti dall'ordinamento come l'attuazione dello "ius excludendi" e il ricorso all'autorità, che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell'ordine e della tranquillità pubblica -».
4. Anche alla lamentata concessione del beneficio della sospensione della pena, la sentenza impugnata risulta adeguatamente motivata, senza contraddizioni e senza manifeste illogicità,
Il ricorso, invece è stato ritenuto fondato con riferimento al trattamento sanzionatorio e la sentenza impugnata è stata pertanto annullata con rinvio al Tribunale di Napoli, per la sola rideterminazione della pena. Nel caso di specie è stato contestato l'art. 81, cod. pen., ma la motivazione sulla determinazione della pena irrogata, non contiene nessuna specificazione, per la pena base, e neanche per l'aumento per la continuazione.
Si allega sentenza