L'etimologia del termine è di solito relativa alla parola in francese "agiotage", derivata dal sostantivo italiano aggio, inteso come vantaggio, opportunità che si dà o si riceve per aggiustamento della valuta di una moneta a quella di un'altra, oppure per barattare la moneta peggiore nella migliore.
È regolato dall'articolo 2637 del codice civile, perché dalle azioni di aggiotaggio è possibile trarre grandi profitti illeciti, provocando di conseguenza dei danni economici agli altri operatori sul mercato finanziario.
''Chiunque diffonde notizie false, ovvero pone in essere operazioni simulate o altri artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari, quotati o non quotati, ovvero ad incidere in modo significativo sull'affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari, è punito con la pena della reclusione da uno a cinque anni''.
La prescrizione estingue il reato una volta che decorre il tempo che corrisponde al massimo della pena che la legge stabilisce. Un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e quattro anni se si tratta di contravvenzione, anche se puniti con la pena pecuniaria.
Essendo un reato sanzionato nel massimo con la reclusione sino a tre anni, si prescrive in sei anni. Se si instaura uno dei cosiddetti atti interruttivi della prescrizione elencati in modo tassativo dall'articolo 160 del codice penale, il tempo necessario al termine aggio, vale a dire, il cambio di valore, è un reato punito sia dal codice penale sia dal codice civile. L'aggiotaggio comune si verifica quando un soggetto, per trarne un vantaggio indebito, provoca l'alterazione del prezzo delle merci o valori ammessi nel pubblico mercato, attraverso artifizi, oppure, attraverso la diffusione di notizie false, tendenziose o esagerate.
L'aggiotaggio è una manipolazione speculativa che l'ordinamento punisce come reato sia nella forma comune, all'articolo 501 del codice penale, sia nella forma societaria e bancaria, all'articolo 2637 del codice civile.
Il reato di aggiotaggio comune è previsto e disciplinato dall'articolo 501 del codice penale, rubricato "Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio", in quanto chiunque, al fine di turbare il mercato interno dei valori o delle merci, pubblica o altrimenti divulga notizie false, esagerate o tendenziose o adopera altri artifici atti a cagionare un aumento o una diminuzione del prezzo delle merci, ovvero dei valori ammessi nelle liste di borsa o negoziabili nel pubblico mercato, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da cinquecentosedici euro a venticinquemilaottocentoventidue euro.
Se l'aumento o la diminuzione del prezzo delle merci o dei valori si verifica, le pene sono aumentate. Le pene sono raddoppiate se il fatto è commesso dal cittadino per favorire interessi stranieri; oppure, se dal fatto deriva un deprezzamento della valuta nazionale o dei titoli dello Stato, ovvero il rincaro di merci di comune o largo consumo.
Le pene stabilite nelle disposizioni precedenti si applicano anche se il fatto è commesso all'estero, in danno della valuta nazionale o di titoli pubblici italiani. Si tratta di un reato di pericolo a commissione anticipata, e per configurarlo basta che le notizie o gli artifici siano astrattamente idonei a provocare l'aumento o la diminuzione dei prezzi. L'ordinamento mira a tutelare l'interesse pubblico economico a prezzi corretti, mentre in relazione all'elemento psicologico, si tratta di un reato a dolo specifico per la giurisprudenza, perché la norma richiederebbe la volontà precisa di cagionare un turbamento del mercato di merci e valori; invece, a dolo generico, secondo la Corte Costituzionale, perché il turbamento del mercato sarebbe la necessaria conseguenza del comportamento che deriva da una volontà di aumentare o diminuire il prezzo delle merci.