Di Piero Gurrieri su Venerdì, 25 Marzo 2022
Categoria: Editoriali

Il fallimento di Bruxelles e la via maestra per il cessate il fuoco

Questa settimana è accaduto di tutto: la Russia ha, per la prima volta, minacciato il ricorso ad armi nucleari, gli USA e i partner europei hanno stabilito ulteriori sanzioni e aiuti militari per l'Ucraina, sempre più un cimitero con numerosi attacchi alla popolazione civile. 

Il vertice di Bruxelles di ieri si è concentrato su armi e sanzioni. Ciò che sorprende, però, è che in quasi un mese di guerra, non si sia riusciti a delineare una proposta realistica di pace, da consegnare alle due parti. Eppure, rebus sic stantibus, non è difficile immaginarne le basi di riflessione. Un protocollo preliminare di "cessate il fuoco" seguito poi da un accordo a tutto tondo:  fine delle sanzioni, salvaguardia dell'Ucraina dentro l'UE ma fuori dalla NATO, il riconoscimento degli esiti referendari in Crimea e quello del Dombass di decidere in autonomia proprio destino, un regime speciale per gli Stati non facenti ancora parte della NATO, un protocollo per la smilitarizzazione progressiva ai confini ed infine un piano per ricostruzione dell'Ucraina coordinato dal suo legittimo Governo, quello di Volodymyr Zelens'kyj. Un accordo urgente, prima che un banale errore o lo scacco finale di chi, un domani, potrebbe non aver più nulla da perdere, possa portare ad una escalation del conflitto, ad un suo ampliamento e ad una guerra con milioni di morti.

Si tratta di un ritardo che sorprende. Per quanto sia coraggiosa e commovente la resistenza dello splendido popolo ucraino aggredito, questo è infatti il momento di essere operatori di pace, come chiesto da Papa Francesco, unico leader con una visione improntata ad una sana "realpolitik" dimenticata da altri attori. I quali dovrebbero ricordare ciò che ben sanno: che non esiste possibilità di pace continuando la guerra e pensando di umiliare una parte; e che non è presumibile che una superpotenza, anche se avesse sbagliato tutto, possa un domani accettare la propria capitolazione (e le parole di Peskov in proposito appaiono eloquenti).

Rispetto a questi desiderata, gli esiti del vertice sono stati deludenti. Giusto aiutare chi resiste ma manca quella concreta proposta che, oltre a garantire sicurezza all'Ucraina, può togliere a Putin e al suo regime criminale l'unico alibi, quello di una minaccia, di una sorta di accerchiamento ai suoi danni; e che, sola, può porre le basi per la costruzione di un nuovo ordine mondiale che prenda il posto di quello - fondato sulle zone d'influenza e sui veti - che  USA e Federazione Russa hanno consapevolmente perseguito dalla dissoluzione dell'URSS in poi, con il placet degli Alleati. 

Sta di fatto che, conflitto russo-ucraino a parte, l'ordine attuale, fondato sulle egemonie politiche ed economiche esistenti, non ha affatto impedito l'insorgere di decine di guerre, al momento più di 30 in ogni parte del mondo, con milioni di morti. D'altra parte, quando parliamo dell'establishment dei paesi a capitalismo maturo, parliamo anche dei leaders degli Stati che, insieme a Russia e Cina, sono i maggiori produttori di armamenti al mondo. Che sono ceduti quasi sempre a paesi del terzo e del quarto mondo per muoversi guerre sul cui sfondo si muovono spesso interessi economici e strategici di tali paesi che, in questo senso, sono (cor)responsabili delle maggiori stragi a livello planetario.

Bisogna quindi non rassegnarsi all'esistente, e auspicare che la diplomazia italiana, in altri tempi abilissima ma da anni piuttosto mediocre, formuli una proposta. Se possibile, chiedendo il coinvolgimento di Cina, India, Giappone, Brasile e Vaticano nel negoziato. Questa strage di innocenti deve finire subito, e la pace deve essere ristabilita.