Tempo scaduto, fine dei giochi. Il 31 ottobre scorso scadeva il termine per presentare la domanda di adesione al concordato preventivo biennale.
O forse no.
Il termine ultimo infatti era stato fissato dal governo per il 31 ottobre, ma visti i numeri che non sarebbero in linea con le attese si valuta una proroga, che in realtà sarebbe una riapertura dei termini. L'ormai sviscerato patto tra le partite Iva e l'Agenzia delle Entrate che fissa le tasse e congela i controlli per due anni, denominato Fisco amico, è una misura su cui l'esecutivo si è speso molto e, settimana prossima, Mef renderà nota l'entità dei proventi.
Ricordiamoci che l'esecutivo ha previsto di utilizzare il – tesoretto – del concordato preventivo biennale per ridurre le tasse, dunque pare assai prevedibile l'apertura di una nuova finestra per dare un'altra possibilità ai contribuenti e soprattutto per mantenere la – promessa – di riduzione della pressione fiscale.
Al ministero dell'economia si valuta dunque un allungamento dei tempi; le previsioni di successo non sono tante, anzi. Su una platea di 4,7 milioni di contribuenti, l'asticella della soddisfazione è stata collocata a quota 200 mila. Sotto le 100 mila adesioni, spiegano fonti dell'esecutivo, sarebbe un flop, mentre da 150 mila in su sarebbe un risultato discreto.
La campagna a reti televisive unificate del governo non ha commosso dunque il popolo delle partite Iva. Appena il 10 per cento dei 4 milioni di lavoratori autonomi potenzialmente interessati al concordato biennale fiscale preventivo ha accettato il patto con lo Stato. Una goccia nel mare.
Tanto che, attualmente, è possibile prevedere un incasso di soli 200 milioni, ben distante dai 2 miliardi di euro che il governo sognava per finanziare alcuni tagli delle tasse. Occorre ricordare però, che per le partite Iva aderenti al concordato preventivo biennale, vi sarà la possibilità di sanare irregolarità dichiarative per gli anni dal 2018 al 2022. Si tratta di un ravvedimento speciale super agevolato, con possibilità di far emergere redditi evasi versando una flat tax dal 10 al 15 per cento, non sull'intero importo ma solo su una quota variabile dal 5 al 50 per cento, sulla base del punteggio ISA. Da tale possibilità l'esecutivo si aspetta altra cassa da poter destinare a finanziare il taglio dell'Irpef e che potrebbe, quanto meno parzialmente, avvicinare le stime del ministero.
Meditate contribuenti, meditate.