Di Rosalba Sblendorio su Martedì, 03 Marzo 2020
Categoria: Insegnanti

I docenti non possono impugnare un provvedimento che lede posizioni soggettive riguardanti terzi

 La lesione del diritto allo studio non può essere oggetto di doglianza dei docenti «in considerazione del basilare assunto che la legittimazione a ricorrere contro un provvedimento pregiudizievole nel senso su indicato [...] postula la titolarità della posizione soggettiva asseritamente lesa in capo ai ricorrenti, nonché un interesse diretto, attuale e concreto ascrivibile alla sfera giuridica degli stessi». Le lamentele dei docenti afferenti alla lesione del diritto allo studio degli studenti, invece, concernono situazioni giuridiche di terzi, cioè degli studenti.

Questo è quanto ha statuito il Tar Calabria, con sentenza n. 151 del 24 gennaio 2020.

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici amministrativi.

I fatti di causa.

I ricorrenti sono docenti con contratto a tempo indeterminato, specializzati nelle attività didattiche, in diverse classi di concorso, per la Scuola Secondaria di II grado e titolari presso sedi scolastiche carcerarie. È accaduto che la pubblica amministrazione:

Il caso è giunto dinanzi al Tar.

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico di quest'ultima autorità giudiziaria.

La decisione dell Tar.

I ricorrenti, in particolare, lamentano che:

Secondo i Giudici amministrativi le doglianze dei ricorrenti vanno disattese.

Vediamo perché.

Ad avviso del Tar, le censure dei docenti hanno ad oggetto la lesione del diritto allo studio dei detenuti, ossia la lesione di una posizione soggettiva riguardante terzi soggetti che non sono parti del giudizio. Orbene, la legittimazione al ricorso di cui all'art. 100 c.p.c., in forza del rinvio esterno operato dall'art. 39 c.p.a., «postula la titolarità della posizione soggettiva asseritamente lesa in capo ai ricorrenti, nonché un interesse diretto, attuale e concreto ascrivibile alla sfera giuridica degli stessi». Ne consegue che i ricorrenti, nel caso di specie, sotto tale profilo, risulterebbero privi di interesse ad agire e la loro impugnazione andrebbe disattesa.

Ma vi è più. 

 Come su accennato, i docenti lamentano che il provvedimento impugnano è carente di motivazione. A tal proposito, il Collegio fa rilevare che l'atto in questione è qualificabile come atto amministrativo di programmazione. Con riferimento a questo tipo di atti, la pubblica amministrazione, «ai sensi dell'art. 13, comma 1, Legge n. 241/1990, non è astretta da un vincolo motivazionale, non trovando applicazione l'art. 3, Legge n. 241/1990«. Da tanto, discende l'infondatezza della doglianza di carenza di motivazione. A questo deve aggiungersi il fatto che il provvedimento opposto:

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, la domanda è stata respinta.