L'annosa questione relativa alle sorti dei crediti lavorativi maturati nei confronti delle società che vengono fuse per incorporazione è stata risolta dalle sezioni unite della Cassazione, nella nota sentenza n. 21970/2021. In quell'occasione, infatti, è stato chiarito che il lavoratore che debba recuperare dei crediti derivanti dall'attività lavorativa nei confronti di una società fusa per incorporazione ad altro soggetto, potrà ottenere il pagamento da parte dell'incorporante la quale ha assunto, per effetto della fusione, diritti ed obblighi in carico all'incorporata.
Con l'ordinanza n. 34771/2023, la sezione lavoro della Corte di Cassazione è intervenuta nuovamente in tema di crediti maturati alle dipendenze di società incorporate, questa volta con specifico riferimento ad un'associazione di categoria che, oltre ad aver eccepito il difetto di legittimazione passiva, aveva rilevato la mancata annotazione del credito lavorativo nei libri contabili obbligatori.
Il principio di massima.
La fusione per incorporazione realizza una vicenda estintivo-successoria a titolo universale, con conseguente imputazione alla nuova società (anche incorporante) di tutti i rapporti giuridici, attivi e passivi, di cui era titolare la società incorporata o fusa. Tale principio trova applicazione anche per i crediti lavorativi che possono, pertanto, essere chiesti (osservate le regole in tema di prescrizione) anche nei confronti della nuova società e quand'anche tali crediti non risultino dalle scritture contabili obbligatorie.
Infatti, alle vicende successorie a titolo universale non è applicabile l'art. 2560 c.c., il quale stabilisce che il credito – qualora non risultante dalle scritture contabili del cedente e quindi non esercitabile nei confronti del cessionario – debba continuare ad essere fatto valere nei soli confronti del cedente, bensì l'art. 2504 cis c.c., il cui primo comma non subordina affatto la successione dei rapporti (attivi e passivi) alla loro risultanza dalle scritture contabili.
Corte di Cassazione, sez. lavoro, ordinanza del 12 dicembre 2023, n. 34771.
Il caso.
La Confesercenti toscana nord proponeva opposizione al decreto ingiuntivo notificatole per il pagamento del TFR e di altre competenze di fine rapporto maturate da un dirigente in forze presso un'associazione da essa incorporata nel 2012, lamentando un difetto di legittimazione passiva.
Secondo l'opponente, il credito, consacrato in un accordo tra la società incorporata ed il lavoratore ricorrente, era maturato nei confronti di un diverso soggetto in data antecedente alla costituzione della nuova società e, non risultando nemmeno dalle scritture contabili, non poteva essere chiesto all'incorporante.
La tesi dell'opponente non trovava riscontro né in primo grado, né, tantomeno, nella decisione del giudice dell'appello e, dunque, l'associazione si rivolgeva alla Suprema Corte per la cassazione della sentenza.
La decisione della Cassazione.
Investita della questione, la Suprema Corte ha innanzitutto fornito chiarimenti sulla natura giuridica di Confesercenti, affermandone la natura imprenditoriale in ragione dell'attività svolta, consistente nella prestazione di servizi in favore delle imprese associate.
In quanto impresa esercitata in forma associata, alla Confesercenti è, dunque, secondo la Corte, applicabile la disciplina dettata per le società: per queste – si legge nella sentenza - la fusione, anche mediante incorporazione, determina una successione a titolo universale del nuovo ente a quello precedente, anche incorporato, che si estingue.
Per effetto di questa vicenda estintivo-successoria si verifica l'imputazione alla nuova società (anche incorporante) di tutti i rapporti giuridici, attivi e passivi, di cui era titolare la società incorporata o fusa.
Trattandosi di una vicenda successoria a titolo universale, ha concluso sul punto il giudice di legittimità, non è applicabile l'art. 2560 c.c., che presuppone che il credito – qualora non risultante dalle scritture contabili del cedente e quindi non esercitabile nei confronti del cessionario – possa continuare ad essere fatto valere nei confronti del cedente; la norma regolatrice della fattispecie è invece l'art. 2504 bis c.c., il cui primo comma non subordina la successione dei rapporti (attivi e passivi) alla loro risultanza dalle scritture contabili, laddove dispone: "La società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione".