Di Daniela Bianco su Martedì, 23 Ottobre 2018
Categoria: Il caso del giorno 2018-2019 - diritto di famiglia e minorile

Giudizio di modifica delle condizioni di separazione o divorzio: è possibile nelle more opporsi al precetto notificato dal coniuge creditore/beneficiario?

Dopo la definizione dei procedimenti di separazione o divorzio, possono verificarsi delle circostanze sopravvenute che determinano la modifica delle condizioni, sia per ciò che concerne l'affidamento dei figli, l'assegnazione della casa coniugale nonché per il mantenimento dei figli- discutendosi spesso di una revisione sul quantum. È necessario però che tale richiesta sia successiva al passaggio in giudicato della sentenza di separazione o di divorzio.

Le norme di riferimento sono costituite:

- in tema di separazione dall'art. 156 del codice civile,il quale nel disciplinare gli " effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra coniugi", al suoultimo comma prevede che: "qualora sopravvengano giustificati motivi, il giudice, su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti di cui ai commi precedenti";

- per quanto concerne il divorzio invece, l'art. 9, primo comma, della legge sul divorzio, recita che: "qualora sopravvengono giustificati motivi dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale, in camera di consiglio e, per i provvedimenti relativi ai figli, con la partecipazione del pubblico ministero, può, su istanza di parte, disporre la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli e di quelle relative alla misura e alle modalità dei contributi da corrispondere ai sensi degli articoli 5 e 6".

Opportunoprecisare che ai sensi dell'art. 5, comma 8, della legge sul divorzio, qualora sia stata concordata in sede divorzile la corresponsione di un assegno in unica soluzione, non sarà possibile per quanto riguarda i loro reciproci rapporti patrimoniali nessuna procedura di revisione delle condizioni economiche.

A livello processuale la norma di riferimento è l'art. 710 c.p.c., il quale prevede espressamente che "le parti possono sempre chiedere con le forme del procedimento in camera di consiglio, la modificazione dei provvedimenti riguardanti i coniugi e la prole, conseguenti la separazione". 

Nelle more del procedimento di modifica, accade spesso, che la parte onerata, non provvede al pagamento dell'assegno ordinario di mantenimento a favore del coniuge beneficiario, stabilito in sede di separazione o divorzio per sé o per i figli, proponendo opposizione al precetto notificato dall'ex coniuge che vanta appunto dei crediti di mantenimento e che intende procedere esecutivamente al recupero coattivo delle suddette somme.

In questi casi quali i rapporti tra il giudice dell'opposizione a precetto avente ad oggetto crediti da mantenimento ed il giudice investito della modifica dei provvedimenti di separazione o di divorzio?

Sul punto è stato più volte ribadito il principio secondo cui con l'opposizione a precetto relativo ai crediti maturati per il mancato pagamento dell'assegno di mantenimento, determinato a favore, del coniuge o figlio in sede di separazione o divorzio, possono proporsi soltanto questioni relative alla validità ed efficacia del titolo, mentre non possono dedursi fatti sopravvenuti alla separazione, da farsi valere col procedimento di modifica delle condizioni di separazione di cui all'art. 710 c.p.c. (su punto Cass. civ. Sez. VI, 25 settembre 2014, n. 20303)

Quindi eventuali fatti sopravvenuti, incidenti sulle condizioni di vita dei coniugi, devono essere dedotti chiedendo la modifica delle condizioni della separazione mentre non potrebbero essere fatti valere in sede di opposizione all'esecuzione.

Nel giudizio di opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c, se l'esecuzione sia iniziata proprio contro il soggetto contemplato nel titolo esecutivo, spetta a quest'ultimo, esecutato opponente, che in giudizio riveste la qualità formale e sostanziale di attore, dare la prova del fatto sopravvenuto che rende inopponibile od ineseguibile nei suoi confronti il titolo, spettando all'opposto, creditore procedente, soltanto la prova che esso esiste ed è stato emesso appunto nei confronti del soggetto esecutato (o che quest'ultimo sia successore di quello contemplato nel titolo ( sul punto Cass., sez. III, 16-06-2016, n. 12415).

Il Giudice dell'Esecuzione pertanto investito dell'opposizione ha il potere-dovere di decidere sulla stessa a prescindere dalla pendenza di altro procedimento preventivo di opposizione a precetto pendente presso il giudice competente per valore.

L'opposizione all'esecuzione a norma dell'art. 615 c.p.c. si configura come accertamento negativo della pretesa esecutiva del creditore procedente che va condotto sulla base dei motivi di opposizione proposti, che non possono essere modificati dall'opponente nel corso del giudizio. L'esistenza del titolo esecutivo con i requisiti prescritti dall'art. 474 c.p.c. costituisce, peraltro, presupposto indefettibile per dichiarare il diritto a procedere all'esecuzione. Ne consegue che il giudice dell'esecuzione ha il potere-dovere - con accertamento che esaurisce la sua efficacia nel processo esecutivo in quanto funzionale all'emissione di un atto esecutivo e non alla risoluzione di una controversia nell'ambito di un ordinario giudizio di cognizione - di verificare l'idoneità del titolo e di controllare la correttezza della quantificazione del credito operata dal creditore nel precetto, mentre in sede di opposizione l'accertamento dell'idoneità del titolo ha natura preliminare per la decisione dei motivi proposti anche se questi non investano direttamente tale questione (sul punto Cass. sentenza n. 16610/2011).

 Come contrastare la richiesta di sospensione dell'esecuzione proposta dal coniuge onerato?

Il coniuge onerato proponendo opposizione a precetto, non avrà possibilità di ottenere la sospensione dell'esecuzione in presenza di un titolo ancora valido ed efficace, non sussistendone i presupposti.

La sospensione dell'esecuzione infatti può essere giustificata unicamente da un accertamento – condotto alla stregua di una cognizione sommaria e di una valutazione di mera verosimiglianza - della inesistenza della pretesa creditoria del procedente e non già da una verificata minore entità del credito da soddisfare, circostanza che legittimerebbe invece l'ulteriore corso dell'espropriazione incidendo soltanto sull'importo da assegnare al creditore ( sul punto Tribunale di Napoli, 27.05.2014).

Di seguito si segnalano alcune recenti pronunce della Suprema Corte in tema di decorrenza dell'eventuale riduzione dell'assegno di mantenimento nel caso di istanza di modifica delle condizioni di separazione, nonché sui poteri di cui è investito il giudice dell'esecuzione in casi di opposizione a precetto:

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