Di Piero Gurrieri su Sabato, 17 Agosto 2019
Categoria: Avvocatura, Ordini e Professioni

"Fui suo pretore e suo gip, lui in ferie 2 giorni l'anno". Giordano ricorda Marcello Musso. "Quanto si darebbe?" chiese all'imputato

"Piangiamo il collega Marcello Musso della Procura della Repubblica di Milano, con il quale ho lavorato alla pretura di Torino e a Milano". Comincia così il breve post che Bruno Giordano (foto dopo il paragrafo), magistrato alla Corte suprema di Cassazione, ha pubblicato  nella propria bacheca Facebook pochi minuti dopo aver appreso  della morte di Marcello Musso, sostituto Procuratore della Repubblica di Milano. Un ricordo appassionato ed intenso, di un Collega con cui il magistrato siciliano ha condiviso momenti importanti del proprio percorso professionale: "Lavoratore indefesso, chiese l'applicazione a Palermo, dopo le stragi. Rientrato a Torino, poi in Procura a Milano". Giordano ricorda: "Sono stato il suo pretore a Torino e il suo gip a Milano in centinaia di processi, faldoni su faldoni ricchi di prove contro la criminalità organizzata e i trafficanti di droga".

E poi, svela un episodio, che la dice lunga sulla personalità  straordinaria di Musso: "Un giorno all'imputato che ammetteva la sua responsabilità, chiese "lei quanto si darebbe?", e l'imputato che non si aspettava quella domanda, abbasso' gli occhi e rispose "Quello che dice lei è giusto". Un episodio di rara - ma per il procuratore, di abituale - umanità. Come quando, nel mezzo delle indagini sulla coppia dell'acido, andò a trovare il piccolo in ospedale, accarezzandolo come un nonno, ed accorgendosi poi, con l'imbarazzo che distingue il modo di essere delle persone umili - "contadino nell'anima", si definiva il pm - che era stato tutto ripreso dalle telecamere. 

Un lavoratore instancabile, ricorda  ancora Bruno Giordano: "Marcello sempre nel suo ufficio, ogni anno prendeva solo due giorni di riposo a Natale e a Ferragosto, e proprio oggi è stato travolto da un'auto mentre si concedeva un giro in bicicletta nell'astigiano. E questo non è giusto". Si, non è giusto. Se ne vanno sempre i migliori. Forse, per lasciare una lezione a chi resta. Chapeau.