Di Claudio Bottan su Domenica, 24 Febbraio 2019
Categoria: Legge e Diritto

Formigoni in galera: il trionfo della demagogia giustizialista

Questa volta nemmeno la Madonna, lungamente invocata, è riuscita ad evitare a Roberto Formigoni la galera. Come è noto, in prigione ci è entrato davvero il 72enne ex governatore della Lombardia. E puntuale come un treno svizzero arriva il sarcasmo con cui tanti si divertono a infierire sul condannato, a cominciare dai grillini che rivendicano la paternità della punizione esemplare: il reato di corruzione, in base alle norme della "spazzacorrotti", è ostativo alle misure alternative al carcere. Formigoni, quindi, in prigione ci dovrà rimanere un bel po' vista la condanna definitiva a 5 anni e dieci mesi. C'è tuttavia un aspetto inquietante ad accomunare la maggior parte dei commenti riferiti alla vicenda giudiziaria dell'ex presidente della Regione Lombardia: molto sarcasmo e tintinnìo di manette, ma tutti sorvolano sulla sostanza della questione. Si accontentano di infliggere pena massima al Celeste per le giacche e lo champagne, dimenticando di rispondere a una piccola domanda rimasta senza risposta. E cioè: come si può condannare per corruzione il solo Formigoni, quando le leggi, gli atti e le delibere che gli vengono contestati furono approvati da intere giunte e consigli regionali?

Il capo d'imputazione individua il contraccambio legislativo dei benefit-tangenti a Formigoni in una quindicina di delibere regionali ad altissima discrezionalità. A Formigoni è contestato di "aver partecipato all'adozione di provvedimenti amministrativi della giunta e della direzione Sanità della Regione Lombardia, diretti a trasferire ingenti risorse pubbliche ulteriori rispetto ai rimborsi e, comunque, a procurare alla Fondazione Maugeri indebiti vantaggi". Nessuno si preoccupa di esigere una risposta alla famosa domanda. Eppure nessun altro della Regione Lombardia, né politico né funzionario, è stato ritenuto colpevole per quella quindicina di atti. Nessuna delibera è stata ritirata, nessuna decisione è stata impugnata da nessun Tar, nessuna riforma è stata cancellata. Formigoni è corrotto e tanto basta. Fa niente se non si è trovata la prova del do ut des, la magistratura ha risolto l'enigma di individuando un «sistematico asservimento della funzione pubblica agli interessi della Maugeri, un baratto della funzione». Per dirla con le parole dell'avvocato Franco Coppi: «Si dice che Formigoni va in barca, che è invitato in vacanza ma nessuno è riuscito a dimostrare la riconducibilità di un singolo atto di ufficio a queste utilità. Nessuno sa che cosa è stato chiesto a Formigoni, e nessuno sa per quale cosa è stata corrisposta quella utilità».

Per quanto riguarda la sentenza popolare sicuramente sono stati determinanti il look a tinte sgargianti, le chiappe al vento e la sua smania di grandeur. Da presidente della Regione ha fatto continue incursioni nella politica nazionale. Ha aperto una sede della Lombardia a Bruxelles e fatto costruire un nuovo grattacielo di 161 metri per ospitare gli uffici regionali. Con tanto di eliporto. Si è trasformato anche nell'aspetto: dagli abiti in grisaglia con la pettinatura all'indietro alle giacche sgargianti, le camicie hawaiane e la testa affidata due volte alla settimana alle cure del fidato parrucchiere. Oltre alle vacanze sugli yacht di lusso. E proprio in questo nuovo imperdonabile stile di vita si annida la colpa che lo porta, ora, alla condanna definitiva del tribunale dei social per conclamata antipatia. Reato gravissimo.

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