Di Elsa Sapienza su Venerdì, 09 Settembre 2022
Categoria: Avvocatura, Ordini e Professioni

Fine corsa per il disegno di legge sull’equo compenso.

Di questi giorni la notizia per cui non è giunto a compimento il disegno di legge sull'equo compenso in quanto la conferenza dei capigruppo del Senato non si è neppure occupata dei tre provvedimenti riguardanti oltre alla giusta remunerazione dei lavoratori autonomi iscritti ad Ordini e Collegi, anche della delega fiscale e dell'ergastolo ostativo, dovendosi prioritariamente trattare gli emendamenti al decreto Aiuti bis (115/2022) in aula la prossima settimana.

Amarezza tra molti professionisti tra cui tanti avvocati, soprattutto se si pensa all'attuale crisi che porta molti a decidere di cambiare vita cancellandosi dall'albo dopo anni di professione anche a causa della crisi dei redditi ed alla mancanza di stabilità.

Lo stesso Consiglio Nazionale Forense nella convinzione che la corresponsione del compenso professionale debba essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto, tenendo conto della natura, del contenuto e delle caratteristiche dell'attività legale svolta, ha condotto un lavoro di analisi delle convenzioni e della legislazione vigente sull'equo compenso e sulle clausole abusive.

Il testo sull'equo compenso ribadisce e definisce tale concetto all'art. 1 dove si legge che esso deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto e al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale nonché conforme ai parametri per la determinazione dei compensi previsti. 

Ma da quando si parla di equo compenso e perché?

Il principio sull'equo compenso fece il suo ingresso in Italia con l'emanazione del decreto fiscale del 2017 (decreto legge numero 148/2017, convertito in legge numero 172/2017), parzialmente modificato dalla legge di bilancio del 2018 , nella pratica, è stato introdotto mediante una modifica della legge professionale forense, i cui contenuti sono stati poi esplicitamente estesi a tutti i professionisti di cui all'articolo 1 della legge numero 81/2017.

Tale disciplina riguarda pertanto avvocati, commercialisti, giornalisti e altri professionisti lavoratori autonomi iscritti o meno in ordini e collegi ed è relativa ai rapporti disciplinati da convenzioni predisposte unilateralmente da imprese bancarie, assicurative, piccole e medie imprese. In tutti i casi previsti, qualora discenda da tali convenzioni, un significativo squilibrio contrattuale a carico del professionista anche in ragione della non equità del compenso pattuito, le clausole che provocano tale squilibrio devono considerarsi vessatorie. 

Ad esempio si pensi a quelle che attribuiscono al cliente la facoltà di rifiutare la stipula per iscritto degli elementi essenziali del contratto; pongono a carico del professionista l'anticipazione delle spese; impongono al professionista la rinuncia al rimborso delle spese che sono direttamente connesse alla prestazione dell'attività oggetto della convenzione; prevedono termini di pagamento superiori a sessanta giorni dalla data di ricevimento da parte del cliente della fattura; prevedono che, nel caso in cui il professionista sia un avvocato e le spese di lite siano liquidate in favore del cliente, al legale sia riconosciuto solo il minore importo previsto nella convenzione, anche se la parte abbia interamente o parzialmente corrisposto o recuperato tali spese; prevedono che, in ipotesi di nuova convenzione sostitutiva di altra precedentemente stipulata con lo stesso cliente che preveda compensi inferiori a quest'ultima, la stessa si applichi anche agli incarichi pendenti o, comunque, non ancora definiti o fatturati; prevedono che il compenso pattuito per l'assistenza e la consulenza in materia contrattuale spetti soltanto in caso di sottoscrizione del contratto.

Nel caso di clausole considerate vessatorie la conseguenza è la loro nullità . pur rimanendo il contratto valido per il resto, nullità che opera solo a vantaggio del professionista.

Il testo che era stato approvato dalla Camera il 13 ottobre 2021 e dalla Commissione Giustizia del Senato il 30 giugno 2022, purtroppo oggi arenatosi, prevedeva tra i vari punti che, qualora il professionista si rivolgesse all'autorità giudiziaria, accertata la no equità, il giudice avrebbe potuto rideterminare la misura del compenso e riconoscere in favore del professionista un indennizzo, fatto salvo il risarcimento del danno. 

Inoltre, tra le novità più interessanti vi erano l'azione di classe per tutelare i diritti omogenei dei professionisti, promossa anche dal Consiglio Nazionale dell'ordine e l'istituzione di un Osservatorio nazionale sull'equo compenso con il compito di segnalare la violazione di quanto previsto dalla legge. 

Messaggi correlati