Un padre agisce in giudizio per chiedere la modifica delle condizioni di divorzio e tra le richieste svolte, chiede di non versare più l'assegno di mantenimento che lo stesso corrisponde direttamente alla figlia di anni 35 di € 628,68 mensili.
Il padre, afferma , di non riuscire più a far fronte a questi esborsi per età e per problemi di salute e che l'autorità giudiziaria, non ha considerato il fatto che la figlia è un'insegnante d'arte.
Per la Cassazione il ricorrente ha ragione.
Il figlio adulto deve dimostrare in modo rigoroso le ragioni per le quali non è ancora riuscito a conseguire una sua autonomia economica.
Ciò significa che il padre al limite potrà dover versare gli alimenti alla figlia, che comunque si è dimostrato ha iniziato un'attività lavorativa ed ha delle competenze professionali.
Difatti, anche se saltuariamente, l'insegnante lavora e nel caso in questione risultava un reddito annuo di euro 4000.
Va quindi accolta la richiesta avanzata dal padre di procedere alla revoca dell'assegno di mantenimento versato alla figlia di 35 anni.
Così ha deciso la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 8240/2024.
Inoltre, la Suprema Corte nell'accogliere il ricorso ribadisce quanto statuito con la sentenza n. 26875/2023, che enunciò la seguente regola iuris: "In tema di mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica, l'onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento è a carico del richiedente, vertendo esso sulla circostanza di avere il figlio curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica o di essersi, con pari impegno, attivato nella ricerca di un lavoro: di conseguenza, se il figlio è neo maggiorenne e prosegua nell'ordinario percorso di studi superiori o universitari o di specializzazione, già questa circostanza è idonea a fondare il suo diritto al mantenimento;
viceversa, per il "figlio adulto" in ragione del principio dell'autoresponsabilità, sarà particolarmente rigorosa la prova a suo carico delle circostanze, oggettive ed esterne, che rendano giustificato li mancato conseguimento di una autonoma collocazione lavorativa".
Nel caso di specie è stato accertato che la figlia, lavorava svolgendo collaborazioni occasionali, riuscendo a guadagnare Euro 4000 annui, spendendo Euro 6000 per spese mediche per problematiche psichiche, che però non costituivano causa di menomazione.
Per la Cassazione, quindi, la giovane donna ha comunque iniziato a sfruttare le proprie capacità professionali, conseguendo redditi da lavoro, anche se esigui, non vi è quindi ragione di continuare a gravare il padre dell'obbligo di corrispondere il mantenimento.
Pertanto, il principio è che il genitore interverrà con un assegno alimentare, in presenza dei necessari presupposti.