Di Carmela Patrizia Spadaro su Venerdì, 20 Dicembre 2019
Categoria: Giurisprudenza di Merito

Ex coniugi: regime fiscale dell’atto di rinuncia al diritto di abitazione

Riferimenti normativi: Art.1 D.P.R. n.131/86 -. artt.337 sexies -1022 c.c.

Focus: Il diritto di abitazione assegnato ad un coniuge in sede di separazione o divorzio è un diritto personale di godimento la cui rinuncia deve essere sottoscritta con atto notarile trascritto presso l'Agenzia delle Entrate, Area dei pubblici registri immobiliari. La rinuncia è atto sottoposto ad imposta di registro, ma in che misura: fissa o proporzionale? Sulla determinazione dell'imposta di registro si è pronunciata la Commissione Tributaria del Lazio, sez.13, con sentenza n.6115 del 4/11/2019.

Principi generali: Nell'ambito degli accordi che regolano i rapporti tra i coniugi in fase di separazione e divorzio assume rilievo il diritto di abitazione che il provvedimento del giudice attribuisce al coniuge assegnatario della casa coniugale. E' ormai consolidato in dottrina e in giurisprudenza che il diritto di abitazione, di cui all'art.1022 c.c., è un diritto reale di godimento su un bene altrui e, come tale, in base alla giurisprudenza della Suprema Corte, non può essere soggetto alla disciplina prevista per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili (Cass. sent. nn.11096/2002; 13603/2004; 1545/2006; 16398/2007). Di diversa natura è, invece, l'assegnazione della casa coniugale che, a seguito di separazione dei coniugi, integra in capo all'assegnatario un diritto di natura personale, in quanto disposta solo nell'interesse della prole, e non un diritto reale di abitazione (Cass. civ, sez.V, sent. n.6192/2007). La norma che disciplina, in sede di separazione, l'assegnazione della casa familiare, ora applicabile anche in sede di divorzio, è l'art.337 sexies c.c., in vigore da febbraio 2014 ( D.Lgs.n.154/2013 ), che riporta, con modificazioni, il contenuto dell'abrogato art.155 quater c.c. In buona sostanza, il provvedimento di assegnazione configura un diritto personale di godimento, avvicinabile alla locazione o al comodato, che per essere opponibile ai terzi deve essere trascritto, ai sensi dell'art.2643 c.c., al fine di evitare che dopo la separazione l'immobile sia alienato ad un terzo acquirente che non riconosca il diritto di abitazione ( Cass., sez. II, sent. n.1744/2018).

La rinuncia al diritto di abitazione non comporta la riespansione del diritto di proprietà ma consente soltanto di rendere commerciabile l'immobile. Ciò è quanto ha affermato la Commissione Tributaria del Lazio, sez.13, con recente sentenza n.6115 del 4/11/2019.

Il caso: La vicenda è sorta a seguito di istanza, presentata da ex coniugi all'Agenzia delle Entrate, di restituzione dell'imposta di registro per "rinuncia all'assegnazione della casa familiare" e conseguente impugnazione del maturato silenzio – rifiuto dell'Amministrazione finanziaria. I ricorrenti, in sede di impugnazione, hanno evidenziato che prima dello scioglimento del matrimonio avevano acquistato un appartamento in regime di comunione legale. In sede di separazione consensuale gli stessi convenivano che l'appartamento rimanesse assegnato alla moglie, con assegnazione trascritta presso la Conservatoria dei pubblici registri. A seguito di divorzio pronunciato dal Tribunale, profilandosi la possibilità di vendere l'immobile, gli ex coniugi hanno formulato rinuncia al diritto di abitazione con atto notarile, registrato presso l'Agenzia delle Entrate, dietro pagamento dell'imposta di registro in misura proporzionale, riservandosi, però, di esperire azione di ripetizione, in quanto l'atto avrebbe dovuto essere assoggettato ad imposta di registro in misura fissa. Secondo l'Agenzia delle Entrate, invece, la rinuncia al diritto di abitazione è assoggettata ad imposta proporzionale di registro, ex art. 1 parte Prima della Tariffa allegata al D.P.R.n.131/86. La norma è applicabile agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi. Ad avviso dell'ufficio, l'atto di rinuncia in discussione, che ha determinato per gli intestatari dell'immobile il vantaggio su quest'ultimo della ricostituzione della piena proprietà, è pienamente riconducibile ad un atto che trasferisca un diritto reale di godimento e , quindi, soggetto all'applicazione del citato art. 1 del D.P.R. n. 131/86.

I giudici di prime cure hanno accolto il ricorso degli ex coniugi e, richiamando la sentenza n. 19756/2016 della sez. 61 della stessa C.T.P., hanno affermato che "si deve escludere che la rinuncia a tale diritto possa comportare l'applicazione dell'art.1 della tariffa parte prima allegata al D.P.R.n.131/86, testo unico dell' Imposta di registro, poiché esso concerne unicamente atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi". L'Ufficio ha impugnato la sentenza dinanzi ai giudici di secondo grado ritenendo infondata la richiesta di rimborso avanzata dai contribuenti. A tal fine, ha eccepito che, ai fini del corretto trattamento fiscale, gli atti a titolo gratuito che comportano trasferimenti di beni e diritti sono attratti nel campo applicativo delle disposizioni dell'imposta sulle successioni e donazioni. La rinuncia del diritto di abitazione, quindi, in quanto atto che trasferisce a titolo gratuito un diritto di godimento, rientrerebbe nel campo di applicazione dell'imposta sulle donazioni, con aliquota dell'8%, (art.2, comma 49, lett.c), del D.L.n.262/06). Mentre, ai fini dell'imposta ipotecaria e catastale si applica l'imposta proporzionale (ex art.1 della tariffa e 10 del D.Lgs.n.347/90).

La Commissione tributaria regionale ha rigettato l'appello dell'Agenzia delle Entrate in base al principio affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sent. n. 11096/2012) secondo il quale "l'assegnazione della casa coniugale in sede di separazione personale dei coniugi non origina un diritto reale, ma un mero diritto personale di godimento, essendo ispirato ad un interesse pubblico di conservazione dell'habitat familiare nei confronti dei soggetti più deboli, essenzialmente in funzione di tutela dei figli; la necessità di trascrivere tale assegnazione non esclude la natura di diritto personale di godimento del diritto di abitazione, essendo posto a tutela della posizione del coniuge affidatario rispetto a terzi". La Commissione Tributaria, richiamando anche la circolare n. 2/E del 2014 dell'Agenzia delle Entrate, ha affermato che, ai fini fiscali, la rinuncia al diritto di abitazione deve essere ricondotta a tutti quegli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o cessazione degli effetti civili dello stesso, che sono esenti dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa.

Messaggi correlati