Di Anna Sblendorio su Sabato, 28 Gennaio 2023
Categoria: Deontologia forense: diritti e doveri degli avvocati

Ex clienti. Divieto dell'incarico, ratio, irrilevanza della prova

Inquadramento normativo: art.68 codice deontologico forense

Fonte (https://www.codicedeontologico-cnf.it/)

A norma dell'art.68 del codice deontologico forense "l'avvocato può assumere un incarico professionale contro una parte già assistita solo quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale" (comma 1) e in ogni caso "deve astenersi dall'utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito" (comma 3). Il Consiglio Nazionale Forense ha avuto modo di precisare la ratio del divieto consistente:

Utilizzo delle informazioni

Va ricordato che il suddetto divieto prescinde dal concreto utilizzo di eventuali informazioni acquisite nel precedente incarico

 Il consenso del cliente

La violazione del divieto di assumere incarichi nei confronti dell'ex cliente dà luogo a responsabilità disciplinare anche nel caso in cui la controparte (ex parte assistita) abbia prestato il suo consenso, in quanto tale assenso non è sufficiente a scriminare né ad escludere la configurabilità dell'illecito tipizzato all'art. 68 CDF. Ne consegue ad esempio che qualora l'avvocato incorra in tale illecito non può addurre a propria difesa la circostanza di non aver dato rilevanza al dato formale previsto dall'art.68 comma 1 del mancato passaggio dei due anni dall'ultimo incarico ricevuto dal cliente avendo valutato la macroscopica e sostanziale mancanza di interessi contrastanti (CNF sentenza. n.171 cit., n. 191 del 15 ottobre 2020, n. 170 del 23 settembre 2020).

Limite temporale

Il divieto di all'art.68 comma 1 non è soggetto ad alcun limite temporale nei casi in cui: a) l'oggetto del nuovo incarico non sia estraneo a quello espletato in precedenza (comma 2), b) l'avvocato debba assistere un coniuge o convivente more uxorio contro l'altro dopo averli assistiti congiuntamente in controversie di natura familiare (comma 4), c) il professionista abbia assistito il minore in controversie familiari e poi debba assistere uno dei genitori in successive controversie aventi la medesima natura o viceversa (comma 5).

Controversie tra coniugi

In particolare per quanto riguarda le controversie tra coniugi il quarto comma dell'art.68 cdf, stabilisce l'obbligo per l'avvocato che abbia assistito congiuntamente coniugi o conviventi more uxorio in controversie di natura familiare, di astenersi sempre dal prestare la propria assistenza in favore di uno di essi in controversie successive tra i medesimi.

Il Consiglio ha evidenziato che la norma prevede una forma di tutela anticipata al mero pericolo derivante anche dalla sola teorica possibilità di conflitto d'interessi, ma non richiede specificatamente l'utilizzo di conoscenze ottenute in ragione della precedente congiunta assistenza.

Inoltre la norma si limita a circoscrivere l'attività nella più ampia definizione di assistenza con la conseguenza che non è necessario che l'avvocato abbia espletato un'attività defensionale o di rappresentanza, in quanto, per l'integrazione dell'attività di assistenza è sufficiente che il professionista abbia semplicemente svolto attività diretta a creare l'incontro delle volontà anche su un solo punto degli accordi di separazione o divorzio (CNF, sentenza n. 174 del 17 ottobre 2022),

Irrilevanza della prova dell'incarico

Quanto all'onere probatorio, il Consiglio ha evidenziato che ai fini della configurabilità dell'illecito di assunzione di incarichi contro una parte già assistita ex art. 68 cdf, non importa stabilire se sussista o meno la prova del conferimento formale del mandato o dell'assolvimento di un'attività di consulenza, quanto piuttosto se l'avvocato abbia svolto un'attività di assistenza, anche soltanto formale. Inoltre non assume una particolare rilevanza valutare se siano stati utilizzati in concreto dei contenuti riservati, in quanto quand'anche non venisse raggiunta la prova di come l'avvocato avesse ottenuto le informazioni per assistere il cliente, l'illecito disciplinare sussisterebbe comunque (CNF, sentenza n.103 del 25 giugno 2022, Corte di Cassazione, SS.UU, sentenza n. 22729 del 20 luglio 2022).

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