La possibilità per il danneggiato di introdurre un giudizio autonomo, inteso a ottenere il risarcimento del danno da esecuzione illegittima [...] "non è frutto di una libera scelta della parte, bensì dell'impossibilità di percorrere le strade in precedenza delineate". Ne consegue che ove non vi sia un ostacolo di diritto o di fatto, il danneggiato deve formulare la propria domanda risarcitoria dinanzi al giudice dell'opposizione all'esecuzione.
Questo ha statuito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 42119 del 31 dicembre 2021 (fonte http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/).
Ma vediamo il caso sottoposto all'esame dei Giudici di legittimità.
I fatti di causa
Il ricorrente ha agito in giudizio per ottenere il risarcimento danni ex art. 96, comma 2, c.p.c. da parte della società convenuta. In buona sostanza quest'ultima avrebbe introdotto senza la normale prudenza una procedura esecutiva nei confronti del ricorrente. La domanda di quest'ultimo è stata rigettata e la questione è giunta dinanzi alla Corte d'appello. Anche detta autorità ha rigettato il gravame e quindi la domanda del ricorrente, ritenendo non provati:
- il danno emergente;
- il lucro cessante.
Il ricorrente ha sottoposto il caso all'attenzione della Corte di Cassazione.
Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito da quest'ultima autorità giudiziaria.
La decisione della SC
I Giudici di legittimità ritengono che la Corte d'appello ha errato per aver deciso su una domanda che non poteva essere proposta e ciò alla luce dell'orientamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte (sentenza n. 25478 del 21/9/2021) in merito alla possibilità di introdurre un giudizio autonomo per la richiesta di risarcimento danni causati da una procedura esecutiva illegittima, iniziata senza la normale prudenza. Secondo detto orientamento: "può (...) verificarsi (...) che la domanda ex art. 96, co. 2. c.p.c., [..., quella per lite temeraria o esecuzione incauta, ...] non sia più proponibile davanti al giudice della cognizione; perché quel giudizio si è già concluso, o perché sussistono preclusioni di carattere processuale (sono state, ad esempio, già precisate le conclusioni); oppure perché il grado del giudizio nel quale la causa si trova di per sé esclude che si svolgano accertamenti di mento che possono richiedere attività istruttoria (si pensi al caso in cui la caducazione del titolo esecutivo giudiziale consegua ad una sentenza della Corte di cassazione).
In siffatte ipotesi, e solo in queste, la domanda risarcitoria dovrà essere proposta al giudice dell'opposizione all'esecuzione; il quale sarà chiamato necessariamente a dare corso alla fase di merito del relativo giudizio, senza possibilità di ricorrere al meccanismo di estinzione anticipata della procedura delineato dall'art. 624, terzo comma, cod. proc. civ., nel testo introdotto dall'art. 49, comma 3, della legge n. 69 del 2009 […].
In forza di questi principi, con riferimento a un'ipotesi come quella in esame, la domanda di cui all'articolo 96, co. 2, c.p.c. non può essere formulata in un giudizio autonomo, dovendo essere proposta davanti al giudice dell'opposizione all'esecuzione, salvo che ciò sia impossibile per ragioni di diritto o di fatto. In buona sostanza, il danneggiato da esecuzione illegittima non può scegliere liberamente di introdurre un giudizio autonomo o meno. L'introduzione di detto giudizio è possibile solo se il giudice abbia già chiuso il giudizio che si assume incautamente iniziato. Orbene, tornando al caso in esame, non sussisteva alcun impedimento alla formulazione della domanda ex art. 96, co. 2, c.p.c. dinanzi al giudice dell'opposizione all'esecuzione. Con l'ovvia conseguenza che il ricorrente non avrebbe dovuto formulare tale domane in un giudizio autonomo.
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, i Giudici di legittimità hanno cassato la sentenza impugnata senza rinvio.