Con sentenza n.2475 del 27/01/2022, la sezione terza della Corte di cassazione ha affermato che "un eventuale errore di giudizio non può essere censurato con lo strumento della revocazione". (fonte http://www.italgiure.giustizia.it)
Vediamo la vicenda sottoposta all'attenzione della Suprema Corte.
I fatti di causa.
I ricorrenti, all'esito di un giudizio in cui sono rimasti soccombenti, hanno impugnato tardivamente la sentenza di primo grado chiedendo al giudice dell'appello la rimessione in termini ai fini della proposizione dell'impugnazione, ai sensi dell'art.153 c.p.c.
A fondamento dell'istanza di rimessione in termini i ricorrenti hanno dedotto che il proprio difensore è stato nell'impossibilità di procedere alla notifica per via telematica dell'atto d'appello a causa della rottura della serratura della porta di ingresso della stanza ove si trovava il personal computer abilitato alla notifica per via telematica. Nonostante il difensore avesse chiamato d'urgenza un artigiano per sbloccare la serratura, è riuscito ad accedere al suddetto terminale solo dopo lo spirare dell'ultima ora e dell'ultimo giorno utili per la proposizione del gravame.
La Corte d'Appello ha rigettato l'istanza di rimessione in termini ed ha dichiarato inammissibile il gravame per due motivi: in primo luogo l'impedimento alla notifica, secondo quanto riferito dagli stessi appellanti, si è protratto fino alle ore 23:20 del termine di impugnazione, con la conseguenza che il difensore degli appellanti avrebbe avuto a disposizione ancora più di mezz'ora per eseguire la notifica; in secondo luogo non è stata fornita alcuna prova di ulteriori impedimenti incolpevoli della decadenza.
I ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione per i seguenti vizi:
- per errore di diritto, consistito nell'avere affermato che la notifica telematica potesse compiersi anche dopo le ore 21.00;
- per omesso esame di fatti decisivi, consistenti nella insuperabilità dell'impedimento ad eseguire la notifica;
- per mancanza di una adeguata motivazione.
La Corte di cassazione ha respinto il ricorso con ordinanza, ritenendo i motivi di impugnazione non decisivi e non fondati.
La succitata ordinanza è stata impugnata per revocazione dai ricorrenti sulla base di due censure:
- in primo luogo secondo i ricorrenti la sentenza revocanda contiene un travisamento del fatto in quanto la Corte di cassazione ha ritenuto non decisivi ai fini di cui all'articolo 360, n. 5, c.p.c, i documenti dimostrativi della impossibilità di effettuare la notificazione nel periodo compreso tra le ore 20:20 e le ore 23:20;
- in secondo luogo i ricorrenti hanno lamentato che nell'ordinanza revocanda si sostiene che i ricorrenti non abbiano censurato la statuizione con cui il giudice d'appello ha negato la rimessione in termini, ascrivendo il ritardo nella proposizione del gravame a colpa del difensore, consistita nell'impiego di determinate modalità tecniche di installazione ed utilizzo del sistema software. Tuttavia, secondo i ricorrenti, la sentenza d'appello non si è occupata delle modalità tecniche di installazione ed utilizzo del sistema software, bensì si è limitata a rigettare l'istanza di rimessione in termini sul presupposto che l'avvocato degli appellanti, una volta superato l'impedimento, aveva ancora 30 minuti di tempo per la notifica.
La decisione della Corte di Cassazione.
La Suprema Corte ha ritenuto inammissibile la prima censura con cui i ricorrenti hanno ritenuto che la motivazione della revocanda ordinanza costituisca un "travisamento del fatto", in quanto nella succitata ordinanza la Corte di cassazione ha motivato la decisione spiegando che nessuno dei documenti prodotti in giudizio ha provato l'impossibilità di accedere al locale ove si trovava il computer collegato al Poliweb nel periodo temporale dalle ore 20,20 alle ore 22,20.
A parere della Corte, questa circostanza costituisce in realtà un vizio di motivazione, in quanto la Corte non ha saputo spiegare perché questo motivo di ricorso non costituisce una circostanza decisiva. Inoltre secondo la Corte "il vizio di motivazione non costituisce un "travisamento dei fatti", e non è censurabile con il rimedio della revocazione ordinaria di cui all'art. 395 c.p.c."
Per quanto riguarda la seconda censura, il supremo Collegio ha ritenuto che i ricorrenti intendono sostenere che la Corte di cassazione abbia travisato il contenuto della sentenza d'appello.
Sul punto, la Suprema Corte di cassazione ha affermato che "lo stabilire quale sia il contenuto della sentenza impugnata è un giudizio, e un eventuale errore di giudizio non può essere censurato con lo strumento della revocazione". A questo proposito la Cassazione ha ricordato il proprio orientamento secondo il quale "non è idonea ad integrare errore revocatorio, rilevante ai sensi ed agli effetti di cui agli artt. 391 bis e 395, n. 4) c.p.c., la valutazione, ancorché errata, del contenuto (...) della motivazione della sentenza impugnata, trattandosi di vizio costituente errore di giudizio e non di fatto" (cfr, Cass. Sez. 6 Ordinanza n. 10184 del 27/04/2018; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6397 del 23/06/1999, cit. da Cass. n.2475/2022).
Sulla base di queste considerazioni, la Corte di cassazione ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso.