Fidem facere et animos impellere
Convincere razionalmente e persuadere emotivamente.
Gli antichi romani lo avevano già previsto. Così veniva descritta la vita politica di quei tempi. Sono passati più di 2000 anni e sembra che la situazione non sia affatto cambiata.
Dicesi EMOZIONE un processo biologico innato che ha garantito alle specie viventi la sopravvivenza e l'adattamento all'ambiente per milioni di anni. Ogni emozione si è dimostrata indispensabile per la nostra evoluzione. In particolare, la complessità che hanno raggiunto le emozioni umane rappresenta uno dei motivi per cui quella umana sia la specie animale dominante sul pianeta.
La correlazione fra gli stati affettivi degli individui e le dinamiche societarie della politica è determinata da una serie di presupposti che risultano convergere su una precisa posizione, ossia che il libero istinto emotivo prevalga sempre sulla rigida razionalità.
Ebbe ciò inizio verso gli anni ottanta, quando il neuroscienziato statunitense Paul D. MacLean elaborò il modello del "Cervello Trino" (the Triune Brain), uno dei più magistrali contributi alla comprensione della struttura del nostro sistema nervoso. MacLean sostenne che il nostro cervello sia costituito da tre sezioni, una più antica dell'altra: il cervello rettiliano, la più remota, è sede degli istinti vitali dell'essere umano; il sistema limbico è la regione intermedia, in cui risiede l'emotività; il neo-cortex, la zona più recente, sede della ragione.
L'organo cerebrale si è sviluppato dall'interno all'esterno, ossia dal rettiliano al neocortex, constatando la forte pressione delle primitive aree istintive verso la moderna ragione.
David Moscrop, ricercatore dell'University of British Columbia, riprese gli studi di MacLean e li ha integrati con le discipline politiche. La sua tesi è che il cervello non è fatto per essere puramente democratico. Egli afferma:
"Siamo spinti all'azione dai nostri cosiddetti cervelli primordiali".
La moderna democrazia prevede che i cittadini agiscano in base alla coerenza dei ragionamenti e alla chiarezza delle decisioni, mentre è provato che il voto elettorale si basi fortemente sulle sensazioni "di pancia". Si evidenzia ossia che l'istinto venga chiamato a decidere per una ragionevole democrazia.
Tanya Chartrand, docente di psicologia alla Duke University, lo conferma:
"E' errato pensare che abbiamo il pieno controllo di quel che facciamo. Non abbiamo le risorse mentali per elaborare tutto ciò che è nel nostro ambiente in modo consapevole, riusciamo a prestare attenzione solo a una piccola percentuale del contesto in cui ci troviamo. Gli stimoli però raggiungono il nostro cervello e, anche se in maniera inconsapevole, riusciamo ad elaborarne molto più di quanti non crediamo. Questa elaborazione non cosciente di fatto influenza le decisioni che prendiamo"
Ogni candidato che si rispetti sa che le preferenze politiche dei cittadini sono già ben che formate. L'obiettivo delle moderne campagne politiche infatti non è quello di convincere le persone in una libera condivisione di opinioni, ma piuttosto perseguire e rafforzare gli atteggiamenti sociali preesistenti in noi.
Il filosofo Joseph Heath accusa le pubblicità elettorali, in quanto tentano in tutti i modi di agitare le reazioni viscerali per mezzo di studiate stimolazioni visive. Se i sensi vengono colpiti, la razionalità viene accecata.
La visione di Sigmund Freud già concepiva il ruolo delle pulsioni nell'organismo umano, esse sono in grado di risolvere lo stato di tensione dell'organismo dato dai conflitti psichici e ristabilire un inconscio senso di gratificazione. Negli anni '30 il politologo statunitense Harold Lasswell, grande appassionato della psicoanalisi, integrò le teorie Freudiane con la disciplina politica. Egli condusse un'approfondita analisi della personalità del leader politico; la loro psiche viene determinata da conflitti infantili irrisolti i quali proiettano le tensioni interne su specifici oggetti sociali si attuerebbero dei meccanismi difensivi che vengono razionalizzati verso il pubblico interesse.
L'epoca moderna evolse la visione psicopolitica e si andò sempre più ad analizzare i sentimenti delle popolazioni votanti. Negli anni '80 gli esiti del National Election Study (NES) hanno permesso allo psicologo Marcus di valutare lo stato emotivo degli elettori, oscillante fra ansia e soddisfazione, messe poi in rapporto con l'orientamento politico e la sua influenza sulle policy, l'immagine del candidato e le caratteristiche del partito. Si nota come gli elettori più ansiosi attribuiscano maggior importanza alle policy tematiche del partito, mentre gli elettori più soddisfatti assegnino una maggiore importanza ad estetica e carattere del candidato.
Il focus sull'appartenenza politica è stato ripreso in una serie di ricerche che riflettono valori affettivi più alti nell'elettorato di sinistra. Si è riscontrato infatti che i simpatizzanti di sinistra dimostrano un'attivazione emotiva molto più intensa, che essa sia positiva che negativa. A sinistra si può provare una fragorosa speranza come allo stesso modo un catastrofico pessimismo.