Di Carmela Patrizia Spadaro su Lunedì, 31 Maggio 2021
Categoria: Il meglio della Giurisprudenza 2021

Valido il verbale assembleare corretto a penna dopo la sua redazione?

Riferimenti normativi: Artt.1136 -2702 c.c.

Focus: Si possono apportare correzioni a posteriori al verbale di assemblea condominiale dopo la conclusione dell'assemblea? Ciò può rendersi necessario in caso di un'omissione o di un'imprecisione per le quali si deve provvedere a rettificare o a specificare quanto riportato nel corso della riunione.

Principi generali: La giurisprudenza della Corte di Cassazione si è pronunciata da tempo sulla possibilità di modificare, con aggiunte e correzioni, il testo del verbale assembleare dopo la conclusione dell'assemblea, successivamente alla redazione, lettura e sottoscrizione del verbale da parte del segretario e del presidenteE' necessario precisare che il verbale di assemblea è un documento che ufficialmente dimostra ed attesta lo svolgimento delle attività assembleari e deve essere redatto in ogni caso, anche quando l'assemblea non si è regolarmente costituita o non ha deliberato per mancanza dei quorum. Nel caso in cui si sia in presenza di un mero errore materiale il verbale può essere corretto, anche dopo la conclusione dell'assemblea. Tale principio di diritto è stato affermato dai giudici di legittimità i quali hanno chiarito che, poiché nessuna disposizione sancisce che il verbale debba essere approvato in assemblea, tutte le modifiche al verbale dell'assemblea che non incidono sulla sua sostanza ma che sono solo la correzione di errori materiali sono legittime e non possono essere contestate (Cass.civ. sez.II, sent.n.6552/2015). Ciò non comporterà, quindi, l'invalidità della relativa delibera se, dal successivo esame complessivo della stessa, si rileva che le rettificazioni non abbiano inciso sul computo della maggioranza richiesta per l'assunzione della delibera stessa (Cass. civ. Sez. II, 13/11/2009, n. 24132; Cass. civ. Sez. II, 10/08/2009, n. 18192). 

Diversamente, è legittima l'impugnativa della delibera assembleare volta ad inficiare l'invalidità della stessa in caso di errore sostanziale che andrebbe ad influire sull'iter logico e giuridico dell'assemblea (Cass. civ., Sez. II, Sent. n.23903 del 23/11/2016). La Corte di Cassazione con la sentenza n.28509 del 15/12/2020 si è pronunciata su un caso in cui un condomìnio ha contestato il contenuto del verbale assembleare corretto a penna dall'amministratore dopo la sua redazione. La vicenda è scaturita dalla controversia instaurata dall'ex amministratore del condomìnio per ottenere la condanna di quest'ultimo al pagamento dei compensi arretrati e delle spese anticipate non ancora corrisposti. Il condomìnio eccepiva, a propria difesa, che l'ex amministratore aveva abusivamente aggiunto nel verbale assembleare, solo in un secondo momento e successivamente alla sottoscrizione dello stesso, le somme richieste con penna e grafie diverse rispetto al restante testo. Sia in primo che in secondo grado di giudizio il Tribunale si era pronunciato in senso favorevole all'ex amministratore ritenendo che il verbale di assemblea costituisse prova idonea del credito nei suoi confronti. Infatti, secondo consolidata interpretazione giurisprudenziale, il verbale di un'assemblea condomìniale, munito di sottoscrizione del presidente e del segretario, ha natura di scrittura privata. In quanto tale, esso riveste valore di prova legale presunta limitata alla provenienza delle dichiarazioni dai sottoscrittori e non si estende al contenuto della scrittura. 

Di conseguenza l'onere della prova della veridicità del contenuto del verbale incombe sul condòmino che impugni la delibera assembleare e che può far ricorso ad ogni mezzo di prova per dimostrare la fondatezza delle sue asserzioni (Cass. civ., Sez. II, 09/05/2017, sent. n. 11375; Cass. civ., Sez. II,23/11/2016, sent. n. 23903). Si precisa, a tal proposito, che quando nel verbale vengono aggiunti fatti non veri, trattandosi di falsità ideologica, non si commette un reato ma un illecito civile che rende nullo il verbale, e, quindi, non essendo il verbale un atto pubblico si può contestare con l'azione di impugnazione ex art. 1137 c.c. dimostrando che i fatti si sono svolti diversamente da quanto riportato (Trib. Genova, sent. del 21 luglio 2004, e Trib. Milano, sent. del 31 marzo 2003). Nel caso di specie, il condomìnio non aveva disconosciuto le sottoscrizioni apposte da presidente e segretario al verbale assembleare, e, quindi, il verbale aveva acquisito efficacia ai sensi dell'art. 2702 c.c.. I giudici di legittimità hanno, perciò, osservato che per far venir meno il collegamento tra le dichiarazioni documentate e le firme, sulla base della deduzione che il verbale fosse stato abusivamente alterato dopo la sua chiusura, occorreva proporre querela di falso, costituendo questa l'unico strumento giuridico idoneo a fare accertare che il contenuto parziale o totale delle dichiarazioni verbalizzate fosse stato aggiunto posteriormente alla sottoscrizione. Di conseguenza, la Suprema Corte ha dato ragione all'ex amministratore.

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