Di Paola Mastrantonio su Mercoledì, 30 Novembre 2022
Categoria: Giurisprudenza TAR

E' pratica commerciale scorretta la mancanza di chiarezza sull’utilizzo dei dati personali

E' quanto affermato dal TAR Lazio nella sentenza n. 15326 pubblicata il 18 novembre scorso.

La decisione è stata resa all'esito del ricorso proposto da una società proprietaria di un noto motore di ricerca e teso ad ottenere l'annullamento di un provvedimento emesso dall'AGCM, che l'aveva sanzionata ritenendola responsabile (tra l'altro) di una pratica commerciale ingannevole; pratica consistita nel non aver fornito agli utenti informazioni sufficientemente chiare in merito alla raccolta ed all'utilizzo dei loro dati personali a fini commerciali.

Il TAR Lazio, dopo aver precisato che, nel contesto dell'economia digitale, i dati, le preferenze e gli altri contenuti generati dagli utenti hanno un valore economico de facto, suscettibile di sfruttamento economico e che, conseguentemente, deve escludersi che l'omessa informazione dello sfruttamento ai fini commerciali dei dati dell'utenza, sia una questione interamente disciplinata e sanzionata nel Regolamento Privacy, e, dunque, sottratta alla sfera di competenza dell'AGCM, ha fornito una esaustiva motivazione in ordine alla configurabilità della pratica commerciale scorretta, mediante una puntuale ricostruzione delle modalità di registrazione ed utilizzo della piattaforma internet da parte degli utenti.

Infatti, dopo aver esaminato i messaggi forniti agli utenti sia nella fase di creazione dell'account che durante l'utilizzo di vari servizi offerti dalla piattaforma, il tribunale amministrativo ha constatato che le informazioni rese in merito alla raccolta ed utilizzo dei dati personali a fini commerciali, sia in sede di creazione dell'account, che con riferimento all'accesso ai servizi, erano posizionate in pagine raggiungibili solo attraverso link di consultazione meramente eventuali, come tali non idonei ad informare adeguatamente il consumatore sulla raccolta e utilizzo a fini commerciali dei suoi dati.

In particolare, l'utente, in sede di creazione dell'account, aveva la possibilità di leggere un breve riepilogo della Privacy Policy in cui veniva informato del fatto che la società avrebbe utilizzato i dati personali "per pubblicare annunci personalizzati, in base alle impostazioni dell'Account, sia sui Servizi del sito sia su siti ed app partner" e che "a seconda delle impostazioni dell'Account, il sito avrebbe mostrato annunci personalizzati basati sulle informazioni relative all'utilizzo del motore di ricerca"; l'utente poteva, inoltre, leggere ed accettare i Termini di Servizio e la Privacy Policy del sito, all'interno dei quali era presente una sezione in cui si indicava come: "a seconda delle tue impostazioni, potremmo mostrarti annunci personalizzati in base ai tuoi interessi", tuttavia, in nessuna parte di tale riepilogo, era in alcun modo menzionato l'utilizzo a fini commerciali e pubblicitari delle informazioni in ordine alle preferenze di navigazione.

L'unico accenno, al riguardo, era la possibilità di "personalizzazione" degli annunci, menzionata unitamente alle informazioni riguardanti gli altri possibili utilizzi dei dati.

Alla carenza informativa, ha proseguito il giudice amministrativo, non poteva rimediare nemmeno il pop-up che veniva mostrato nell'immediatezza dell'accettazione che concludeva il processo di registrazione dell'account; ciò, in primis, perché questa finestra appariva solo in un momento in cui il consumatore aveva ormai assunto la decisione di creare l'account; in secondo luogo, perché anche il testo del pop-up non conteneva indicazioni esplicite sull'uso a fini commerciali dei dati raccolti dalla piattaforma, con la conseguenza che l'utente avrebbe potuto creare un account senza una piena consapevolezza dell'utilizzazione a fini pubblicitari delle informazioni provenienti dalle proprie preferenze di navigazione.

Un'informativa con le caratteristiche appena descritte, ha concluso il TAR, deve ritenersi priva di immediatezza, chiarezza e completezza informativa in riferimento all'attività di raccolta ed utilizzo, a fini commerciali, dei dati degli utenti, e, dunque, non sufficiente a fornire un quadro informativo completo ed agevolmente fruibile delle condizioni di accesso ai servizi e costituisce, dunque, pratica ingannevole.

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