Con ordinanza n.9088/2022 del 21/03/2022, la Corte di cassazione VI Sezione civile ha affermato che qualora il ricorso si fondi sullo stesso articolo e vi sia identità degli elementi vagliati dai giudici di primo e secondo grado (c.d. doppia conforme), esso è da ritenersi inammissibile ai sensi dell'art.348 ter c.p.c. (fonte http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/).
Analizziamo la vicenda sottoposta all'esame dei giudici di legittimità.
I fatti di causa
L'attore vantava nei confronti del suo debitore un credito liquido ed esigibile a titolo di compensi professionali ed un ulteriore credito oggetto di un contenzioso in corso e pendente in grado di appello.
Conseguentemente ha convenuto in giudizio il suo debitore esercitando l'azione ex art. 2901 c.c. al fine di far dichiarare l'inefficacia di un atto di disposizione patrimoniale effettuato dal debitore in favore del figlio.
Nel contraddittorio con i convenuti il Tribunale ha disposto una consulenza peritale
Nel corso del giudizio, essendo deceduto l'attore, il giudizio è stato proseguito dai suoi aventi causa, i quali hanno rinunciato al credito litigioso limitando la propria istanza revocatoria al credito di minor importo.
Il Tribunale ha accolto la domanda, ritenendo che sussistessero tutti i presupposti dell'azione ex art. 2901 c.c., quali: l'esistenza del credito dell'attore, l'anteriorità rispetto all'atto dispositivo, l'insufficienza della residualità patrimoniale del debitore, costituita da un bene immobile, peraltro soggetto ad ipoteca, e la prova della scientia damni sia del debitore sia del terzo.
Conseguentemente il convenuto ha proposto gravame, il quale è stato rigettato dalla Corte d'Appello, ritenendo del tutto inconsistenti i motivi di gravame sia rispetto al presupposto oggettivo sia quello soggettivo dell'actio pauliana.
La Corte territoriale ha sottolineato, in particolare, la rilevanza della prova presuntiva desunta dallo strettissimo rapporto parentale e di convivenza tra le parti e dalla tempistica dell'atto di vendita, di poco successivo alla notifica esecutiva della sentenza che aveva attestato il credito dell'attore.
Gli eredi del convenuto hanno proposto ricorso per cassazione lamentando:
- l'omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (art.360, co. 1 n. 5 c.p.c.) in quanto la Corte di merito avrebbe omesso di pronunciare sulle circostanze dedotte con il primo motivo di appello, relative al contesto in cui sarebbe sorto l'atto di disposizione patrimoniale finalizzato a mettere in sicurezza il patrimonio del debitore a fronte di richieste estorsive formulate ai suoi danni da esponenti della malavita locale;
- l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (art.360, co. 1 n. 5 c.p.c.) in quanto la Corte di merito avrebbe sottovalutato le risultanze di una visura ipotecaria acquisita in giudizio e relativa ad un bene residuo presente nel patrimonio del debitore, dalla quale avrebbe dovuto dedursi la sopravvenuta inefficacia della ipoteca gravante sul suddetto bene.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio.
La decisione delle Sezioni Unite
La Corte di cassazione ha rilevato che entrambi i motivi di ricorso sono da considerarsi inammissibili, in quanto hanno natura fattuale, nel senso che non sono diretti a contestare un error iuris, ma profili di fatto non deducibili in sede di legittimità.
Inoltre la Corte ha evidenziato che entrambe i motivi di ricorso hanno ad oggetto censure basate sul medesimo art.360, co. 1 n. 5 c.p.c., il quale prevede che le sentenze pronunziate in grado d'appello o in unico grado possono essere impugnate con ricorso per cassazione "5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti".
Nel caso di specie, la Corte ha constatato, quindi, l'identità degli elementi vagliati dai giudici di primo e secondo grado, in quanto con la sentenza d'appello è stata confermata la sentenza di primo grado, cd. "doppia conforme".
Ciò comporta una peculiare ragione di inammissibilità per violazione dell'art.348 ter c.p.c. a norma del quale "Quando l'inammissibilità è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione (...) può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) del primo comma dell'articolo 360."
Alla luce di queste osservazioni i giudici di legittimità hanno dichiarato il ricorso inammissibile ed hanno condannato i ricorrenti a pagare, in favore di parte resistente, le spese del giudizio di cassazione.
La Corte, inoltre, dato atto atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di una somma a titolo di contributo unificato, pari a quella versata per il ricorso, se dovuta.