Di Piero Gurrieri su Mercoledì, 05 Giugno 2019
Categoria: Avvocatura, Ordini e Professioni

Dopo Nasrin, tocca ad Amirsalar, in Iran è caccia all'uomo, al Collega 30 anni e 111 frustrate

Dopo Nasrin, tocca a  Amirsalar Davoudi. Tanto per cambiare, un altro avvocato, un altro fissato con la tutela dei diritti umani. In Iran è ormai caccia all'uomo, la denuncia, l'ennesima, viene da un canale internazionale Indipendente e tra i più autorevoli, Amnesty International. Una vera e propria emergenza, quella che si sta consumando nel regime degli ayatollah, che ha deciso di imbavagliare tutti gli oppositori ed anche coloro che, In nome dei principi internazionalmente riconosciuti e della stessa legge iraniana e coranica, hanno deciso, tanto nelle piazze che nelle aule di tribunale, di denunciare senza mezzi termini ogni abuso, che colpisce regolarmente uomini, donne, perfino bambini. Tutti coloro che possano criticare la volontà dei potenti, che in Iran vestono gli abiti sacerdotali. 

Nessuna eccezione, nessuno sconto. Gli avvocati, anzi, sono trattati peggio degli altri, per l'ovvia ragione che sono percepiti come un'insidia. Contagiosa. Quindi, da bloccare subito, sul nascere. Prima che metta radici.

Amirsalar Davoudi, quindi, è l'ennesima vittima di questa violenta opera di repressione. Come la sua collega, mamma di due bambini ai quali ha scritto dal carcere, per la quale si è mobilitata l'intera Europa, e molti fori italiani, anche lui è un avvocato con una naturale propensione per la tutela dei diritti umani. Tanto è bastato, in Iran, a giustificare una sentenza di condanna, talmente pesante che nel nostro paese non si dà spesso nemmeno ai responsabili dei peggiori reati, dalla strage al terrorismo. Questo avvocato è stato infatti condannato a 30 anni di carcere e a 111 frustate. Le pene alla reclusione, nel paese degli ayatollah, vanno sempre di pari passo con quelle corporali,  e questo legale deve ringraziare che non gli abbiano tagliato una mano o una gamba. In altri tempi non gli avrebbero usato nemmeno questo riguardo. Ma i social ormai  consentono che le notizie, comprese queste ignominie, si propaghino da un luogo all'altro del pianeta. Ed in questo caso è stata  la moglie  del legale a rendere noto l'1 giugno quanto occorso al proprio coniuge. Ti ringraziamo per questo, signora Tannaz Kolahchian!

Davoudi, si racconta sul sito di Amnesty international, era stato arrestato il 20 novembre 2018 e posto in detenzione nella prigione di Evin, con accesso estremamente limitato al suo avvocato di fiducia e ai familiari. Secondo la sezione 15 del Tribunale rivoluzionario di Teheran, Davoudi è colpevole di "offesa a pubblici ufficiali", "offesa alla Guida suprema", "diffusione di propaganda contro il sistema" e "costituzione di un gruppo allo scopo di danneggiare la sicurezza nazionale".

La "propaganda" - continua l'ente internazionale che tutela i diritti umani -consisteva nel rilascio di interviste, il "gruppo" in questione era un account creato sull'applicazione di messaggistica Telegram per segnalare violazioni dei diritti umani. In base all'articolo 134 del codice penale, che dispone il divieto di cumulo in caso di tre o più condanne, Davoudi dovrà trascorrere in carcere 15 anni.

 Solidarietà al collega, a tutti gli avvocati che in qualsiasi parte del mondo sono oppressi, costretti, limitati ed anche violentati. Ma occorre anche una decisa azione diplomatica e di sanzioni. Non è possibile che i paesi dell'Occidente possano assistere a questi abusi. Per quello che possiamo, si cominci dai fori, dall'adozione di ordini del giorno. Siano trasmessi alle autorità italiane, al ministro della giustizia e a quello degli Esteri, ma anche a quelle iraniane, presso la sede dell'ambasciata iraniana in italia. Chiedete, incondizionatamente, la liberazione di tutti gli avvocati reclusi o costretti, che hanno diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero e a difendere i cittadini.