Con sentenza n. 29188 del 13 novembre 2018, la Corte di Cassazione ha stabilito che l'obbligo per i docenti di presentarsi alla visita medica dinanzi alla Commissione medica di verifica per l'accertamento della idoneità psicofisica all'insegnamento costituisce un dovere inerente alla funzione. La mancata presentazione a tale visita non supportata da validi motivi costituisce un comportamento doloso scaturente da una condotta omissiva. E ciò in considerazione del fatto che l'intenzionale non attivarsi può essere preordinato al conseguimento di un fine contrario ai doveri di ufficio e rilevare sul piano disciplinare. Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici di legittimità. La ricorrente, docente, è stata destituita ai sensi del D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 498. È accaduto che il Dirigente scolastico ha richiesto alla competente Commissione medica di verifica di accertare l'idoneità psicofisica della ricorrente. A seguito della visita, detta Commissione ha, a sua volta, richiesto alla docente di eseguire presso una struttura pubblica ulteriori accertamenti sanitari. Decorsi cinque mesi senza riscontro, la stessa Commissione medica di verifica ha sollecitato la ricorrente a provvedere all'espletamento degli accertamenti sanitari, assegnando il termine di sessanta giorni per la produzione della relativa documentazione. In mancanza, la procedura sarebbe stata archiviata e la pratica restituita. È accaduto che la docente è rimasta inerte anche a seguito di tale sollecito e così la stessa è stata destinataria della sanzione della destituzione su menzionata. La ricorrente ha impugnato tale provvedimento disciplinare, ma sia in primo che in secondo grado, i Giudici hanno affermato che detta sanzione è legittima in quanto il comportamento omissivo tenuto dalla docente, a loro avviso, integra un "grave contrasto con i doveri inerenti alla funzione" che giustifica la sanzione in oggetto irrogata ex art. 498 D.Lgs. n. 297 del 1994. Secondo tali Giudici, la ricorrente ha impedito all'organo competente di accertare la sua idoneità psicofisica allo svolgimento della funzione, con compromissione dell'interesse dell'amministrazione al regolare svolgimento del servizio, anche nell'interesse degli studenti.
Il caso è giunto dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione. Innanzitutto appare opportuno partire dall'esame dell'art. 498, D.Lgs. n. 297/1994, secondo cui, la destituzione, che consiste nella cessazione dal rapporto d'impiego, è inflitta, tra gli altri casi, per atti che siano in grave contrasto con i doveri inerenti alla funzione. Per costante giurisprudenza il rifiuto immotivato opposto da un'insegnante di scuola [...] all'invito, rivolto dalle autorità scolastiche, a sottoporsi ad accertamento dell'idoneità psicofisica allo svolgimento dell'attività scolastica costituisce atto in grave contrasto con i doveri inerenti alla funzione di insegnante, tale da giustificare l'adozione del provvedimento di destituzione, in quanto configura una violazione non solo dell'interesse dell'amministrazione al regolare svolgimento del servizio, ma anche dell'interesse degli studenti a ricevere un insegnamento di qualità adeguata alle loro esigenze, in ambiente sano e sereno (Cass., n. 17969/2006). Infatti, nel concetto di doveri inerenti alla funzione rientra proprio l'obbligo di presentazione alla visita medica dinanzi alla Commissione medica di verifica per l'accertamento della idoneità psicofisica al servizio. La mancata collaborazione e, quindi, la mancata visita costituisce un comportamento del dipendente omissivo e disciplinarmente rilevante. Orbene, tornando al caso in esame, la ricorrente ha posto in essere proprio tale tipo di condotta, con l'ovvia conseguenza che, a parere della Corte di Cassazione, bene ha agito l'amministrazione scolastica ad irrogare la sanzione della destituzione. D'altro canto, la legittimità di tale provvedimento disciplinare non viene meno neppure pendendo in considerazione l'assunto della ricorrente, secondo cui l'operato dell'amministrazione sarebbe illegittimo per avere, quest'ultima, destituito la docente dall'incarico, anziché aver esercitato, nei confronti della ricorrente stessa, la facoltà di sospensione dal servizio a seguito del rifiuto di eseguire la visita specialistica richiesta.
Tale doglianza non è rilevante dal momento che il mancato esercizio della facoltà di sospensione non legittima il comportamento omissivo della dipendente, né consente il completamento del procedimento di accertamento della sua idoneità psicofisica al servizio. Infatti, il comportamento di rifiuto ingiustificato, come quello accertato nel caso di specie, seppure tenuto nel corso anziché nella fase di avvio della procedura di verifica dell'idoneità al servizio, è sufficiente a rendere impossibile lo svolgimento di tale procedura senza necessità di ricorrere alla sospensione invocata dalla docente. Questo legittima la p.a. a procedere ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), art. 55-bis, ossia legittima l'amministrazione ad attivare un procedimento disciplinare, a prescindere da quello di verifica della idoneità al servizio e, quindi, ad attivare un procedimento autonomo rispetto a quest'ultimo. In tali casi, ciò che assume rilevanza è la mancata collaborazione del dipendente pubblico. In punto, la stessa giurisprudenza ha affermato che l'ingiustificato rifiuto, da parte del dipendente pubblico, di sottoporsi alla visita medica di idoneità, reiterato per almeno due volte, costituisce un'autonoma ipotesi di licenziamento disciplinare (Cass. n. 22550/2016). Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, i Giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso, confermando la sentenza della Corte d'Appello.