Di Daniela Bianco su Martedì, 05 Febbraio 2019
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Divisione della “casa coniugale” in comproprietà a seguito di separazione e/o divorzio: come si determina il valore dell’immobile

 Uno degli argomenti recentemente ritornati all'attenzione della giurisprudenza è stato quello relativo alla divisione- a seguito di separazione -dell'immobile di proprietà di entrambi i coniugi ed adibito a casa familiare. Come calcolare il valore economico di detto immobile al fine di procedere alla divisione delle quote?

Preliminarmente occorre ricordare che la domanda di divisione è inammissibile nei giudizi di separazione e/o divorzio.

Sul punto, l'orientamento della Suprema Corte ( Cass. Civ., sez. VI-I civ., ordinanza 24 dicembre 2014 n. 27386) è costante nel ritenere che "L'art. 40 cod. proc. civ., permette di concentrare nello stesso processo, domande soggette a riti diversi, soltanto però qualora vi siano specifiche ipotesi di connessione, elencate negli artt. 31, 32,34, 35 e 36. La domanda di divisione dei beni immobili, di restituzione di beni mobili, di restituzione e pagamento di somme, sono soggette al rito ordinario, mentre la domanda di divorzio èsoggetta al rito speciale; le prime sono domande non legate dal vincolo della connessione e del tuttoautonome rispetto alla domanda di divorzio (Cass. sentenza n. 10356 del 17/05/2005; Cass. sentenza n. 6660 del 15/05/2001; Cass. sentenza n. 266 del 12/01/2000)".

La divisione dei beni della comunione legale può essere effettuata infatti solo dopo lo scioglimento della comunione.

A tal proposito l'art. 191 c.c. specifica che sono cause di scioglimento della comunione: la convenzione di separazione dei beni, la separazione coniugale,l'annullamento del matrimonio, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio (non preceduto dalla separazione),il fallimento di uno dei coniugi,la dichiarazione di assenza o di morte presunta di uno dei coniugi, la separazione giudiziale dei beni.

L'individuazione del momento in cui si verifica lo scioglimento della comunione è fondamentale perché da tale momento nascono sia il diritto alla divisione dei beni comuni che le obbligazioni di rimborso e di restituzione alle quali fa riferimentoil successivo art. 192 dello stesso codice civile.

L'art. 191 del codice civile su richiamato prescrive che "nel caso di separazione personale la comunione tra coniugi si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero alla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione dei coniugi dinanzi al presidente, purché omologato. L'ordinanza con la quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati è comunicata all'ufficiale dello stato civile ai fini dell'annotazione dello scioglimento della comunione".

Dunque si può procedere a divisione in presenza del provvedimento presidenziale che autorizza i coniugi a vivere separati e pertanto non è sufficiente la semplice udienza di comparizione.

Nei confronti di terzi invece, l'opponibilità è garantita e assicurata solo dall'annotazione del provvedimento del presidente a margine dell'atto di matrimonio.

La natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi permane sino al momento del suo scioglimento, di cui all'art. 191 c.c., allorquando i beni cadono in comunione ordinaria e ciascun coniuge, che abbia conservato il potere di disporre della propria quota, può liberamente e separatamente alienarla, essendo venuta meno l'esigenza di tutela del coniuge a non entrare in rapporto di comunione con estranei (sul punto cfr, Cass. civ., sez. I, 05-04-2017, n. 8803).

Recentemente è stata posta all'attenzione della Suprema Corte, sez. II, con sentenza del 20 dicembre n. 2018, n. 33069, la tematica della diminuzione o meno da applicare al valore dell'immobile nel caso in cui lo stesso fosse attribuito al coniuge assegnatario che avesse usufruito dell'immobile.

IL CASO:

Proposto gravame contro la pronuncia di primo grado, avente ad oggetto lo scioglimento della comunione legale tra coniugi ed in particolare la divisione dell'immobile costituente casa familiare, la Corte d'Appello adita lo rigettava, affermando che nel giudizio di scioglimento della comunione legale tra coniugi, ai fini della determinazione del valore di mercato dell'immobile costituente casa familiare, si debba tener sempre conto del vincolo derivante dall'assegnazione del bene ad uno dei genitori nell'interesse dei figli, ancorché l'appartamento sia attribuito per intero in sede di divisione al medesimo coniuge assegnatario. Era stata dunque applicata una riduzione del valore in ragione dell'assegnazione della casa familiare.

Avverso la suddetta decisione, non essendo condivisa né la determinazione del valore di mercato dell'immobile, né la riduzione applicata in ragione del diritto di assegnazione della casa familiare, viene proposto ricorso in Cassazione.

LA DECISIONE:

La Suprema Corte, ritenendo fondati i motivi di ricorso, afferma che spetta al giudice del merito indicare la scelta del criterio tecnico da utilizzare in ciascuna fattispecie per determinare il valore venale delle varie quote e dei singoli beni che formano oggetto della divisione, a norma dell'art. 726 c.c., (norma applicabile anche nel caso di scioglimento delle comunioni ordinarie ex art. 1116 c.c.), con riguardo alla natura, ubicazione, consistenza e possibile utilizzazione di ciascun bene, tenuto conto anche delle condizioni di mercato, salvo poi il controllo di fatto in sede di legittimità nei limiti di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Ancora, la Corte di Cassazione, ritenendo di non discostarsi dall'orientamento di legittimità espresso sul punto ed in particolare dalla sentenza n. 17843/2016, afferma che "l'assegnazione del godimento della casa familiare, ex art. 155 quater c.c., ovvero in forza della legge sul divorzio, non può essere considerata in occasione della divisione dell'immobile in comproprietà tra i coniugi al fine di determinare il valore di mercato del bene qualora (come avvenuto nella specie) l'immobile venga attribuito al coniuge titolare del diritto al godimento stesso, atteso che tale diritto è attribuito nell'esclusivo interesse dei figli e non del coniuge affidatario e, diversamente, si realizzerebbe una indebita locupletazione a suo favore, potendo egli, dopo la divisione, alienare il bene a terzi senza alcun vincolo e per il prezzo".

Nello stimare i beni per la formazione delle quote ai fini della divisione, non può non considerarsi, invero, che, in ipotesi di assegnazione in proprietà esclusiva della casa familiare, di cui i coniugi erano comproprietari, al coniuge affidatario dei figli, si riunisce nella stessa persona il diritto di abitare nella casa familiare - che perciò si estingue automaticamente - e il diritto dominicale sull'intero immobile, che rimane privo di vincoli. In sede di valutazione economica del bene "casa familiare" nel giudizio di scioglimento della comunione, il diritto di abitazione conseguente al provvedimento di assegnazione non deve, pertanto, influire in alcun modo sulla determinazione del conguaglio dovuto all'altro coniuge.

Pertanto, in sede di valutazione del valore economico della casa familiare nel giudizio di divisione l'assegnazione non incide sul valore del bene se l'immobile è attribuito al coniuge assegnatario.

Avv. Daniela Bianco del Foro di Reggio Calabria

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