Per accertare la sussistenza del reato di disturbo della quiete pubblica non è necessario disporre la prova fonometrica.
Con la sentenza in commento, la n. 26077, depositata il 16 settembre 2020, la Corte di Cassazione, decidendo un ricorso proposto dalla titolare di un locale, ha confermato il proprio precedente indirizzo secondo il quale per affermare la responsabilità del reato di disturbo della quiete pubblica è sufficiente la prova dell'idoneità della condotta a disturbare un numero indeterminato di persone.
L'imputata era stata condannata per il reato di cui all'art. 659 c.p. al pagamento di euro 300 di ammenda poiché aveva disturbato la quiete pubblica a causa della musica ad alto volume che proveniva dal suo locale, impedendo a chi abitava nei dintorni il riposo.
Con il suo ricorso l'imputata aveva chiesto la censura della decisione dei giudici di merito lamentando come il fatto che alcuni condomini non avessero percepito alcun rumore molesto, in assenza di accertamenti tecnici di misurazione del rumore, non avrebbe consentito di ritenere configurato il reato.
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza.
I giudici della Suprema Corte hanno precisato infatti che il disturbo della quiete pubblica previsto dall'art. 659 c.p. è reato di pericolo presunto e non implica la prova dell'effettivo disturbo di più persone, essendo sufficiente l'idoneità della condotta a provocarlo.
Da ciò ne consegue che la prova del reato può essere fornita con qualsiasi mezzo purchè la decisione del giudice sia sorretta da adeguata motivazione ma non è necessario che siano disposti accertamenti tecnici di misurazione del rumore.