Di Rosalba Sblendorio su Martedì, 22 Settembre 2020
Categoria: Scuola e Istruzione

Dirigente scolastico, assegnazioni classi: viola norme procedimentali, se non segue i criteri fissati dagli organi collegiali scolastici

Nel caso in cui un dirigente scolastico proceda all'assegnazione delle classi senza rispettare i criteri fissati dagli organi collegiali scolastici, incorre in una violazione delle regole procedimentali. Tale violazione «può essere denunciata dal docente ex se come ragione di illegittimità delle determinazioni assunte dal dirigente, senza che su di lui gravi l'onere di provare la titolarità di un diritto soggettivo ad ottenere un provvedimento favorevole (Cass. 15 luglio 2011 n. 15618)».

Questo è quanto ha ribadito la Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, con ordinanza n. 11548 del 15 giugno 2020.

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici di legittimità.

I fatti di causa

La Corte d'appello, in riforma della sentenza del Tribunale, ha accolto la domanda della docente di ruolo (ricorrente in primo grado), dichiarando illegittimo «il provvedimento del dirigente scolastico di assegnazione delle classi ai docenti nell'anno scolastico 2012/2013, con il quale sono state attribuite ad altra docente alcune ore di lezione nelle classi che nel precedente anno scolastico erano state assegnate alla ricorrente in primo grado». In buona sostanza la docente lamenta che:

Dello stesso avviso è la Corte d'Appello e, pertanto, il caso è giunto dinanzi alla Corte di cassazione. 

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito da quest'ultima autorità giudiziaria.

La decisione del SC

Innanzitutto, appare opportuno richiamare la normativa applicabile alla fattispecie in esame, ossia:

Dal combinato disposto di queste disposizioni, appare evidente che il dirigente scolastico, in materia di assegnazione delle classi, si coordina con gli organi collegiali scolastici. Ove accadesse che il dirigente bypassasse detti organi, quest'ultimo incorrerebbe nella violazione delle regole procedimentali innanzi citate che costituiscono specificazione dell'obbligo di correttezza e buona fede. Secondo la giurisprudenza, una siffatta violazione, nel rapporto di pubblico impiego privatizzato, può essere oggetto di doglianza da parte dal dipendente, il quale potrà agire in giudizio per far valere l'illegittimità delle determinazioni adottate dal datore di lavoro senza il rispetto delle regole procedimentali, a prescindere dalla dimostrazione «della titolarità di un diritto soggettivo a ottenere un provvedimento favorevole (Cass. 15 luglio 2011 n. 15618)». Orbene, tornando al caso in esame, la Corte di cassazione reputa che nella fattispecie sottoposta alla sua attenzione il dirigente scolastico sia incorso nella violazione delle norme procedimentali dettate in materia di assegnazione delle classi. E ciò in considerazione del fatto che egli, nell'adozione del provvedimento impugnato, non ha tenuto conto né delle proposte, né dei criteri fissati dagli organi collegiali scolastici. Questo, ad avviso della Suprema Corte, è di per sé sufficiente per inficiare la legittimità della determinazione dirigenziale. Non occorre da parte del docente la prova del fatto che, ove fossero state rispettare le regole procedimentali applicabili in materia, detta osservanza avrebbe condotto all'emanazione di un provvedimento più favorevole al docente stesso. Ne consegue che l'insegnante bene ha agito nel far valere la violazione delle regole procedimentali fissate per l'assegnazione ai docenti delle classi dal combinato disposto del D.Lgs. n. 297 del 1994, artt. 7, 10, 396 e del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 25. Un'azione giudiziale, quella della docente, che non è ostacolata né dall'autonomia del dirigente scolastico nella attuazione dei criteri generali fissati dal consiglio di istituto, né dal carattere non vincolante del parere del collegio dei docenti. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso presentato al Miur e dall'Ufficio regionale scolastico, confermando la sentenza della Corte d'appello. 

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