Di Carmela Patrizia Spadaro su Giovedì, 18 Aprile 2019
Categoria: Giurisprudenza Corte Costituzionale

Diniego annullamento in autotutela in materia tributaria

Riferimenti normativi: Art.97 Cost. - Art. 68 D.P.R. n. 287/1992 - Art.2-quater L. n. 656/1994

Focus: Il diniego di annullamento in autotutela dell'atto tributario definitivo può essere impugnato dal contribuente dinanzi alla Commissione tributaria solo per motivi riguardanti la legittimità del rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria ( Cassazione civile, sez.6, Ordinanza n.25135 del 10/10/2018).

Principi generali:L'autotutela si sostanzia nel potere discrezionale delle amministrazioni pubbliche di riesaminare i propri atti e provvedimenti in funzione dell'interesse pubblico da esse perseguito e può avere come effetto la rimozione di un provvedimento invalido o la conservazione del provvedimento laddove esso, a seguito di una rinnovata valutazione, non presenti alcun vizio.Tale potere è riconosciuto alle pubbliche amministrazioni dall'art. 97 della Costituzione che sancisce i principi di buon andamento ed imparzialità dei pubblici ufficiIn materia tributaria l'istituto dell'autotutela dell'Amministrazione finanziaria era contemplato dall'art. 68 del D.P.R. n. 287/1992, che recitava, al comma 196, quanto segue: " salvo che sia intervenuto giudicato, gli uffici dell'Amministrazione finanziaria possono procedere all'annullamento, totale o parziale, dei propri atti riconosciuti illegittimi o infondati con provvedimento motivato, comunicato al destinatario dell'atto".Tale disposizione legislativa è stata successivamente abrogata e l'istituto in esame è ora disciplinato dall'art. 2 - quater del decreto-legge n. 564/1994, convertito nella legge n. 656/1994, articolo al quale è stato dato attuazione con il D.M.11 febbraio 1997 n.37. L'Amministrazione finanziaria, pertanto, può procedere discrezionalmente, in tutto o in parte all'annullamento o alla rinuncia all'imposizione in caso di auto accertamento, senza che la parte presenti una specifica istanza, anche in pendenza di giudizio, nei casi in cui sussista illegittimità dell'atto o dell'imposizione. Non è possibile l'annullamento d'ufficio nel caso in cui sia intervenuta una sentenza passata in giudicato favorevole all'Amministrazione finanziaria.

L'ufficio che procede all'emanazione dell'atto in autotutela è tenuto a darne preventivo avviso al soggetto destinatario e al giudice competente dinanzi al quale pende il giudizio. Con la Circolare n. 195/E/1998, il Ministero delle Finanze – nel precisare che l'atto errato è annullabile senza limiti di tempo – ha fornito istruzioni operative avvertendo gli uffici sui rischi esistenti se si instaurano liti temerarie ed evidenziando che il mancato esercizio dell'autotutela comporta la condanna alle spese dell'Amministrazione con conseguente danno erariale. Il potere di annullamento e di revoca o di rinuncia all'imposizione in caso di auto accertamento viene demandato all'ufficio finanziario che ha emanato l'atto illegittimo o che è competente per gli accertamenti d'ufficio ovvero in via sostitutiva, in ipotesi di grave inerzia, alla Direzione regionale delle Entrate o compartimentale dalla quale l'ufficio stesso dipende. Attesa la vigente formulazione dell'art. 2 del D.Lgs. n. 546/92, ci si chiede quali strumenti giuridici abbia il soggetto interessato nel caso in cui il fisco non ricorra all'utilizzo dell'autotutela ovvero, se richiesto dal contribuente, si rifiuti di annullare in autotutela l'atto impositivo.

Rifiuto dell'autotutela: come già detto, un atto illegittimo può essere annullato autonomamente dall'ufficio oppure su richiesta del contribuente. Posto ciò, l'autotutela è una facoltà discrezionale per l'Amministrazione finanziaria e la richiesta del contribuente non sospende i termini per la presentazione del ricorso al giudice tributario. Nel caso in cui l'Ufficio non risponda, o rifiuti formalmente di annullare l'atto, ed il contribuente non provveda a proporre ricorso dinanzi al giudice tributario nei termini previsti, il provvedimento diventa definitivo. In tal caso, il contribuente può ricorrere avverso il rifiuto dell'annullamento o della rettifica dell'atto in autotutela al giudice tributario solo per dedurre eventuali profili di illegittimità del rifiuto, cioè per prospettare l'esistenza di un interesse di rilevanza generale dell'Amministrazione alla rimozione dell'atto, e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria.

Al riguardo, la Corte di Cassazione ha più volte affermato il principio che "avverso l'atto con il quale l'Amministrazione manifesta il rifiuto di ritirare, in via di autotutela, un atto divenuto definito non è esperibile una autonoma tutela giurisdizionale, sia per la discrezionalità propria dell'attività di autotutela, quanto per l'inammissibilità di un nuovo sindacato giurisdizionale sull'atto di accertamento munito del carattere di definitività, atteso che diversamente opinando, si darebbe inammissibilmente ingresso ad una controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo. Quindi, contro il rifiuto espresso di autotutela potrà esercitarsi solo un sindacato sulla legittimità del rifiuto stesso e non anche sulla fondatezza della pretesa tributaria, perché altrimenti si avrebbe sostituzione del giudice nell'attività amministrativa propria dell'Amministrazione finanziaria" (Cass., SS.UU., nn. 2870 e 3698 del 2009; Cass., Sez. un., n. 16097 del 2009; Cass. sent. 26313 del 29 dicembre 2010; Cass. ord. 18 giugno 2012, n. 10020; Corte Costituzionale sent. n.181/2017; Cass. ord. n. 18999/2018).

In conclusione, i profili di illegittimità del rifiuto in sé di procedere all'esercizio del potere di annullare il provvedimento in autotutela possono essere individuati nei seguenti casi: 1) errore di persona; 2) evidente errore logico o di calcolo; 3) errore sul presupposto dell'imposta; 4) doppia imposizione; 5) mancata considerazione di pagamenti regolarmente eseguiti; 6) mancanza di documentazione successivamente presentata, non oltre i termini di decadenza; 7) sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati; 8) errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall'Amministrazione.