La legge n. 173/2015 ha sancito l'entrata in vigore nel nostro ordinamento giuridico del diritto alla continuità affettiva dei minorenni in affido familiare.
È stata così riconosciuta la possibilità di trasformare l'affido in adozione, in modo da consolidare definitivamente la relazione affettiva che negli anni si è realizzata ed evitare così all'affidato un nuovo trauma.
In passato, ciò non era ammesso e una volta accertata l'impossibilità del rientro in famiglia del minore, il legame con gli affidatari veniva spezzato provocando spesso una ulteriore ferita in coloro che avevano trovato una stabilità e dei legami importanti.
Ecco perché il legislatore ha ritenuto in presenza di determinati presupposti di consentire la trasformazione dell'affido in adozione.
Sappiamo che con l'affido, si vogliono tutelare quei minori che vivono in una famiglia in difficoltà, con l'obiettivo di farvi rientro quando e se le criticità cessino.
Si procede nello stesso modo quando i genitori si rivelano inadeguati a ricoprire il loro ruolo.
Alla famiglia affidataria viene trasferito pertanto il compito di educare il minore, di stare attenti a lui, di soddisfare i suoi bisogni e le sue esigenze sia affettive sia materiali, ma, pur sempre temporaneamente.
La durata può essere al massimo di due anni, spesso però prorogati, durante i quali è importante che vengano mantenuti (quando possibile) i rapporti tra il minore e la famiglia di origine in vista del suo rientro a casa.
Spesso l'affido si protrae nel tempo perché non si realizzano le condizioni per un rientro del minore, prolungandosi a volte sino al raggiungimento della maggiore età.
In alcuni casi l'impossibilità del rientro in famiglia può portare per il minore ad una dichiarazione di adottabilità.
In questi casi la nuova legge riconosce una via preferenziale da parte della famiglia con cui il minore ha ormai dei legami stabili, significativi, quando cioè sussiste una relazione profonda dal lato affettivo.
È dovere del Tribunale tenerne conto.
La via preferenziale, però, agisce esclusivamente se i genitori affidatari rispondono ai requisiti richiesti per l'adozione ex art. 6 L. n. 184/1983, vale a dire, quando si ha un rapporto stabile di coppia, l'idoneità all'adozione, la differenza di età con gli adottati.
Anche se il minore dovesse ritornare nella famiglia di origine oppure venga dichiarato adottabile o venga adottato da una famiglia diversa da quella affidataria, la legge prevede che sia tutelata lo stesso, se rispondente all'interesse del minore, la continuità delle relazioni sociali e affettive che si è creata durante il periodo dell'affidamento ex art. 4 co. 5-ter L. n. 184/1983.
Il Tribunale nel prendere la decisione, deve considerare la valutazione dei servizi sociali ma deve anche procedere all'ascolto del minore ultradodicenne e, se capace di discernimento, anche del minore infradodicenne.
La trasformazione dell'affido in adozione si realizza in passaggi diversi (art. 25 L. n. 184/1983).
Il Tribunale per i minorenni deve prima di ogni altra cosa dichiarare lo stato di adottabilità del minore. Una volta trascorso il termine, il Tribunale deve sentire i coniugi adottanti, vale a dire, i genitori affidatari che hanno chiesto di potere adottare il minore, il minore che ha compiuto i 12 anni e il minore di età inferiore, se capace di discernimento, il pubblico ministero, il tutore e coloro che hanno svolto attività di vigilanza e di sostegno durante l'affidamento, ad esempio, i servizi sociali del luogo nel quale il minore risiede oppure ha il domicilio.
Di conseguenza, si decide se dare luogo all'adozione. Se il minore ha compiuto 14 anni, deve manifestare il suo consenso alla stessa.
La sentenza che decide sull'adozione è comunicata al pubblico ministero, ai coniugi adottanti e al tutore.
Contro la stessa, gli interessati possono presentare opposizione davanti alla sezione per i minorenni della Corte di Appello entro 30 giorni dalla notifica.
La Corte d'Appello, sentite le parti ed eseguito ogni accertamento, pronuncia una sentenza che viene notificata alle parti, che, da parte loro, possono proporre ricorso entro 30 giorni alla Corte di Cassazione, esclusivamente in caso di violazione o di falsa applicazione di norme giuridiche.
Il Giudice deve verificare in primo luogo l'effettiva e attuale possibilità di recupero delle capacità e competenze genitoriali (Cass. Civ. n. 7559/2018).
Tuttavia hanno anche importanza i reali legami affettivi creati dal minore e non solo quelli formali. Da ciò deriva l'esigenza di valutare la corrispondenza dell'adozione all'interesse del minore, momento in cui devono essere bilanciati due diritti: quello del genitore a conservare un rapporto privilegiato con il figlio, e quello del minore ad essere inserito a tutti gli effetti, con pieno riconoscimento di diritti e doveri, nella famiglia che si prende cura di lui.
Secondo la Cassazione, il dissenso del genitore, che sia meramente titolare della responsabilità genitoriale ma non ha un concreto rapporto affettivo col figlio, non ha efficacia preclusiva.
Occorre, dunque, analizzare se esiste una grave situazione di disgregamento dell'ambiente familiare d'origine del minore e solo in questo caso, si reputa non necessario acquisire il consenso del genitore all'adozione.
Una delle conclusioni cui è giunta inoltre la Suprema Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 319/2020, riguarda il caso in cui entrambi i genitori siano detenuti.
In passato si è discusso su tali circostanze, in quanto l'orientamento prevalente della Corte è stato sempre quello ha affermato che, alla base di ogni valutazione ci deve sempre essere la tutela degli interessi del bambino, e precisamente, l'interesse a vivere nella famiglia di origine, alla quale il piccolo è naturalmente legato.
Pertanto la legge prevede l'adozione esclusivamente come rimedio estremo.
Per tali ragioni le istituzioni devono intervenire con misure di sostegno, ad esempio, in caso di perdita del lavoro, nell'ipotesi di malattia.
L'interesse è quello di crescere in una famiglia che garantisca loro uno sviluppo fisico e psicologico corretto, che risulta purtroppo impossibile quando le questioni dei genitori biologici non sono dovute a cause di forza maggiore di carattere transitorio, ma destinate a durare più tempo.
Nel caso particolare di due genitori entrambi in carcere a causa di un loro comportamento di carattere criminoso, non ricorrono le condizioni che permettono di escludere lo stato di abbandono del bambino.
Non si tratta di una causa di forza maggiore, perché se i genitori sono detenuti è in conseguenza delle loro azioni, anche se siano pentiti.
Non si tratta di un fatto di carattere transitorio, perché la detenzione dura nel tempo impedendo al padre e alla madre del bambino di occuparsi di lui.
In simili situazioni, non varrebbero niente le misure di sostegno da parte dei servizi sociali, che non si possono di sicuro sostituire ai genitori.
Ecco perché anche se dolorosa, la soluzione dell'adozione può essere la più opportuna, perché permette al bambino di essere inserito con stabilità in una famiglia che se ne possa occupare.