Di Paola Mastrantonio su Venerdì, 09 Giugno 2023
Categoria: Avvocatura, Ordini e Professioni

Dal plenum del CSM il parere sullo schema di decreto che fissa i criteri per la redazione degli atti.

 Nella seduta del 7 giugno scorso, il plenum del CSM ha reso il parere richiesto dal Ministro della Giustizia, sullo schema di decreto recante il regolamento per la definizione dei criteri di redazione degli atti giudiziari, ai sensi dell'art. 46 att. c.p.c.

Tale decreto, com'è noto, introduce gli standard per la redazione degli atti di parte, (prevedendo altresì delle ipotesi di deroga legate alla tipologia del procedimento, al valore, alla natura degli interessi coinvolti), oltre che le modalità di redazione degli atti del giudice e degli schemi informatici. 

Il Consiglio ha ritenuto le previsioni del citato schema di decreto in linea con la precedente elaborazione consiliare in materia, nonché con il protocollo stipulato da Corte di cassazione, Procura generale, Avvocatura generale dello Stato e CNF a marzo di quest'anno (protocollo che già aveva fissato le regole di redazione degli atti nel giudizio di legittimità), ma ha anche rilevato alcuni punti "critici" rispetto ai quali ha auspicato soluzioni migliorative.

Una prima criticità è stata individuata nella misura in cui la deroga ai limiti dimensionali è rimessa all'apprezzamento della parte.

Secondo il Consiglio, che aveva invece sottolineato la necessità che fosse il giudice ad autorizzare preventivamente la deroga al limite dimensionale degli atti, la misura in questione rischia di depotenziare l'incisività della previsione che introduce limiti dimensionali nella redazione degli atti processuali, soprattutto in considerazione del fatto che, nello schema, l'inosservanza dei limiti imposti non incide sulla validità degli atti, ma solo sulla regolamentazione delle spese al termine del giudizio. 

Ulteriori criticità sono state poi rinvenute nella disposizione che inibisce alla parte la possibilità di trascrivere nelle note le massime o la dottrina citata nel corpo dell'atto, (disposizione reputata eccessivamente rigida);  nel rinvio, per la redazione degli atti del giudice, ai criteri dettati dall'art. 2 dello schema (rinvio ritenuto improprio, essendo tale disposizione modellata sugli atti di parte), nonché nella mancata previsione di un compenso per i componenti dell'osservatorio permanente sulla funzionalità dei criteri redazionali e dei limiti dimensionali degli atti (che disincentiverebbe la partecipazione a tale organismo).

Infine, l'ultima delle criticità rilevate concerne l'entrata in vigore del regolamento e la sua  l'applicabilità ai giudizi in corso.

L'art. 12, infatti, stabilisce che il decreto acquisti efficacia il 30 giugno prossimo e si applichi anche ai procedimenti pendenti a tale data.

Secondo il Consiglio, la brevità della tempistica dell'entrata in vigore, l'applicazione delle nuove disposizioni ai processi in corso e a quelli che necessariamente devono essere introdotti, per evitare decadenze, a ridosso di quella data, rischia di creare non poche difficoltà ai professionisti.

Dunque, secondo il plenum del CSM, sarebbe quanto mai opportuno posticipare la data di efficacia del decreto.

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