Di Rosalba Sblendorio su Domenica, 08 Aprile 2018
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Lavoro

Contratti scolastici annuali, Cassazione: "Diritto a progressione carriera se manca novità"

Con ordinanza n. 8477 del 5 aprile 2018, pronunciata nel settore scolastico, la Corte di Cassazione ha stabilito che anche con riferimento al personale docente ed educativo, il ricorso a ripetuti contratti annuali a tempo determinato, è consentito solo se sussistono ragioni oggettive. Ma vediamo più dettagliatamente quali sono queste ragioni oggettive.

Il caso.
Il resistente, assunto nell´ambito del personale scolastico, chiedeva che gli fosse riconosciuta la progressione stipendiale in relazione al lavoro svolto. E ciò, sebbene avesse stipulato con la Pubblica amministrazione ricorrente contratti a termine ripetuti annualmente. Sia in primo grado che in secondo grado, i Giudici accoglievano la sua richiesta. Conseguentemente, la Pubblica Amministrazione proponeva ricorso per Cassazione, affermando l´erroneità delle sentenze pronunciate dai Giudici dei gradi precedenti in quanto questi ultimi avevano applicato:
  • al settore scolastico la disciplina generale sul lavoro a tempo determinato dettata dal d.lgs. n.368/2001;
  • il principio di non discriminazione correlato all´abuso del contratto a termine.


La decisione della SC.
La Suprema Corte, nell´esaminare la questione sottoposta alla sua attenzione, innanzitutto, chiarisce la distinzione tra il principio di non discriminazione e il divieto di abusare della reiterazione del contratto a termine. Il primo principio è sancito dalla clausola 4 dell´Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (stipulato tra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale - CES, CEEP e UNICE - e recepito dalla Direttiva 99/70/CE); il secondo divieto, invece, è disciplinato dalla clausola successiva, n.5, del predetto Accordo. Ciò premesso, i Giudici di legittimità precisano che si tratta di due istituti diversi. E ciò in considerazione del fatto che il principio di non discriminazione è diretto specificamente ad uniformare le condizioni di impiego tra i lavoratori (sia a tempo determinato che a tempo indeterminato), al fine di di evitare che alcune categorie di questi siano trattati meno favorevolmente rispetto ad altre. E tanto anche con riferimento al trattamento economico.
Il divieto di cui alla clausola 5 dell´Accordo quadro su richiamato, invece, è finalizzato a "prevenire gli abusi derivanti dall´utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato". Entrambi gli istituti, tuttavia, possono essere derogati in caso sussistano ragioni oggettive che impediscono la loro applicazione. Nel caso del principio di non discriminazione tali ragioni si rinvengono nelle caratteristiche tipiche delle mansioni e delle funzioni svolte dal lavoratore. Caratteristiche che ove sufficientemente provate e idonee giustificherebbero la disparità di trattamento.
Nel caso di divieto di abuso dello strumento del contratto a termine, invece, le ragioni riguardano non la natura delle funzioni svolte dal lavoratore, bensì i requisiti di novità che ogni singolo contratto a termine che succede al primo deve presentare rispetto al precedente. Solo la sussistenza di tali requisiti di novità potrebbe giustificare la deroga del divieto in questione. Ovviamente, come si può facilmente comprendere, si tratta di deroghe ed eccezioni che in ogni caso devono essere opportunamente provate ed esaminate.
Orbene, nella questione in esame, la Pubblica Amministrazione ricorrente, nell´opporsi alle richieste di progressione stipendiale formulate dal lavoratore e, quindi, nel contestare l´applicazione del principio di non discriminazione, richiama condizioni oggettive che, a parere della Suprema Corte, non sono idonee a giustificare la disparità di trattamento. Infatti, la ricorrente, nelle sue difese, punta l´attenzione sulla natura di ogni singolo contratto a termine stipulato con il resistente e sul fatto che ciascuno di tali contratti è dotato del requisito della novità. Da tale ragionamento, appare evidente che le caratteristiche oggettive richiamate dalla Pubblica Amministrazione giustificherebbero (ove la ricorrente ne avesse discusso) la deroga al divieto d´abuso di reiterazione del contratto a tempo determinato, piuttosto che la deroga al principio di non discriminazione (unica questione presa in considerazione dalla ricorrente). Alla luce di tale errore pertanto, i Giudici di legittimità hanno ritenuto non sufficientemente provate le ragioni oggettive di cui alla clausola 4 dell´Accordo quadro su richiamato, idonee ad escludere, nel caso in esame, l´applicazione del principio di non discriminazione. Con l´ovvia conseguenza che la Corte di Cassazione ha ritenuto di rigettare il ricorso proposto dalla Pubblica Amministrazione.
Rosalba Sblendorio, autrice di questo articolo, si è laureata presso l´Università degli Studi di Bari nell´anno 2001 e ha conseguito l´abilitazione alla professione di avvocato nell´anno 2004. E´ iscritta all´Ordine degli Avvocati di Bari. Ha già pubblicato su questo sito i seguenti articoli: "Associazione pesca sportiva, SC chiarisce quando ha legittimazione attiva in giudizi a tutela ambiente", http://www.avvocatirandogurrieri.it/Associazione-di-pesca-sportiva-il-no-della-Cassazione-alla-legittimazione-attiva-nei-giudizi.htm;
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