Di Rosalba Sblendorio su Martedì, 02 Marzo 2021
Categoria: Scuola e Istruzione

Conducente scuolabus: non deve riprendere la marcia se i bambini non sono lontani dal mezzo

Il combinato disposto dell'art. 140, comma 1, e art. 191, comma 3, D.Lgs. n. 285 del 1992,, impone al conducente di uno scuolabus di non riprendere la marcia, dopo aver fatto discendere i passeggeri, sino a quando questi ultimi non si siano portati a debita distanza dal mezzo, ovvero non si trovino in condizioni di non interferenza con le manovre di esso (Cass. n. 1106 del 18 gennaio 2018). E ciò ancor più quando i passeggeri sono dei bambini.

Questo è quanto ha ribadito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 3030 del 9 febbraio 2021.

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici di legittimità.

I fatti di causa

I ricorrenti, in qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale del figlio minore, hanno agito in giudizio contro il conducente, il proprietario e la compagnia assicuratrice dello scuolabus che ha investito il minore, per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni da lui subiti. A dir dei ricorrenti, il conducente è il solo responsabile del sinistro in quanto questi avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione durante le manovre. È accaduto che, sia in primo grado che in Corte d'appello, i giudici di merito hanno riconosciuto un concorso di pari responsabilità tra il conducente del veicolo e il pedone investito.

Così il caso è giunto dinanzi alla Corte di Cassazione.

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito da quest'ultima autorità giudiziaria. 

La decisione della SC

Innanzitutto occorre far rilevare che il principio, secondo cui il risarcimento del danno dovuto dal danneggiante debba essere proporzionalmente ridotto in base alla entità dell'apporto causale del soggetto danneggiato, non subisce alcuna deroga nel caso in cui il soggetto danneggiato sia un soggetto incapace di intendere e volere, qual è un bambino di tre anni. E ciò in considerazione del fatto che l'art. 1227 c.c. che stabilisce che il fatto colposo del creditore nel concorso a cagionare il danno consente la diminuizione secondo la gravità della colpa e dell'entità delle conseguenze che ne sono derivate, si riferisce a un comportamento oggettivamente in contrasto con le regole di condotta, prescindendo dall'imputabilità. Chiarito questo, con riferimento alle responsabilità del conducente di un veicolo a motore, è opportuno evidenziare che questi deve prevenire le eventuali scorrettezze dei pedoni e tanto ancor più ove i pedoni siano bambini. In tali casi, infatti, l'imprevedibilità e l'imprudenza sono intrinseche alla natura dei bambini. Per tal verso se il conducente investe un bambino, una volta accertata la presenza di questi sul marciapiede latistante la traiettoria del veicolo, per essere esonerato da responsabilità e per superare la presunzione di cui all'art. 2054 c.c., comma 1, dovrà dimostrare che il pedone non ha adottato un comportamento che facesse presupporre il suo intento di attraversare la strada, anche al di fuori delle strisce pedonali (Cass. n. 3542 del 13 febbraio 2013). In buona sostanza, non è sufficiente che il pedone abbia posto in essere un comportamento imprudente, come debba ritenersi la condotta dei bambini (Cass. n. 524 del 12 gennaio 2011). 

Orbene, tornando al caso di specie, il pedone danneggiato all'epoca dei fatti aveva tre anni. È evidente, ad avviso della Corte di cassazione, che il conducente dello scuolabus, accertata la presenza del bambino, avrebbe dovuto prevedere l'adozione da parte di quest'ultimo di qualche comportamento anomalo. Tale mancanza non esonera da responsabilità il conducente, per di più, di scuolabus. In capo a tale soggetto, infatti, incombe il dovere di non riprendere la marcia, dopo aver fatto discendere i passeggeri, sino a quando questi ultimi non si siano portati a debita distanza dal mezzo, ovvero non si trovino in condizioni di non interferenza con le manovre di esso (Cass. n. 1106 del 18 gennaio 2018) (D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 140, comma 1, e art. 191, comma 3). Ne consegue che il conducente, una volta resosi conto della presenza del bambino nei pressi del veicolo, avrebbe dovuto sospendere la marcia sino a quando non fosse stato certo dell'assenza del bambino di tre anni nei pressi dello scuolabus.

Alla luce della considerazioni sin qui svolte, pertanto, i Giudici di legittimità hanno riformato la sentenza impugnata e hanno rinviato la causa dinanzi alla Corte d'appello per la rideterminazione della misura di contribuzione nella causazione del sinistro della condotta del conducente dello scuolabus, tenuto conto del comportamento prevedibilmente anomalo del bambino. 

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