Di Alessandra Garozzo su Mercoledì, 19 Giugno 2019
Categoria: Giurisprudenza Corte Costituzionale

Compiti e limiti dell’amministratore di sostegno in ambito sanitario

Con la recentissima sentenza n.144 del 2019 la Corte Costituzionale si è pronunciata su una questione delicatissima ossia sui limiti dei poteri conferiti all'amministratore di sostegno in materia sanitaria con particolare riferimento alla questione del consenso informato e delle disposizioni anticipate di trattamento.

La pronuncia in oggetto, in particolare, trae origine dalla questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3 comma 4 e 5 della Legge 219 del 2017 nella parte relativa ai poteri dell'ADS in ambito sanitario.

Le norme censurate sembrano porsi in aperto contrasto con le norme Costituzionali di riferimento ed in particolare con gli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione; il diritto a rifiutare le cure troverebbe, infatti , fondamento in tali norme costituzionali e dovrebbe considerarsi inviolabile, con la conseguenza che sarebbe negata ad altri la possibilità di violarlo. 

Sembrerebbe, cioè, da escludere che tale diritto "personalissimo" possa essere delegato nella sua determinazione a terzi, e tra questi va sicuramente annoverato anche l'ADS.

Il giudice a quo osserva in tale ottica che, affinchè la decisione sul rifiuto delle cure sia espressione dell'interessato e non di chi lo rappresenta, questa deve risultare dalla DAT, o in assenza di queste deve ricorrersi alla ricostruzione della volontà dell'incapace valutando un insieme di indici sintomatici ed elementi presuntivi tali da assicurare che la scelta in questione non sia espressione di un giudizio personale dell'amministratore di sostegno.

Ciò premesso sarebbe incostituzionale l'attribuzione all'ADS di un tale potere su un diritto assolutamente personale e non passibile di eterodeterminazione. Ciò detto in assenza di autodeterminazione da parte dell'amministrato in un'ottica "fiduciaria" e "garantista" tali scelte possono essere assunte solo con l'ausilio un soggetto terzo, ossia del Giudice Tutelare.

Per meglio comprendere la pronuncia in oggetto e la detta determinazione va ricordato che l'amministrazione di sostegno si pone come strumento di tutela dell'interessato e presuppone una specifica contestualizzazione dei poteri dell'ADS che gli vengono specificatamente attribuiti dal Giudice Tutelare ( all'inizio dell'incarico ed anche in itinere quando ciò si presenti necessario), tutto ciò al fine di realizzare la massima tutela per il beneficiario a fronte del minor sacrificio possibile della propria capacità di autodeterminarsi.

La ratio dell'istituto dell'amministrazione di sostegno, pertanto, richiede al Giudice tutelare di modellare anche in ambito sanitario i poteri dell amministratore sulle concrete necessità del beneficiario stabilendone volta per volta l'estensione nel solo interesse dell'amministrato.

Proprio in quest'ottica, nonché per la duttilità dell'istituto, operando una lettura costituzionalmente orientata dell'articolo 3 comma 4 e 5 della l.219 del 2017, va detto che contrariamente rispetto a quanto ritenuto dal Giudice a quo le norme censurate non attribuiscono "ex lege" all'ADS, anche nel caso in cui abbia la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario, il potere di esprimere o meno il consenso informato ai trattamenti sanitari di sostegno vitali.

Figura centrale in questo ordine di scelte sarà dunque il Giudice tutelare.

Conclusivamente va negato che il conferimento della rappresentanza esclusiva in ambito sanitario rechi con sé, anche e necessariamente, il potere di rifiutare i trattamenti sanitari necessari al mantenimento in vita.

Si allega Sentenza.