Di Rosalba Sblendorio su Sabato, 21 Agosto 2021
Categoria: Deontologia forense: diritti e doveri degli avvocati

Commette illecito disciplinare l'avvocato sospeso che autentica la procura ad litem

 "Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l'avvocato che, quand'anche in asserita buona fede, svolga attività professionale durante il periodo di sospensione" (CNF, sentenza del 25 ottobre 2018, n. 133 e nello stesso senso CNF, sentenza n. 56 del 16 Giugno 2020, CNF sentenza n. 177 del 19 Dicembre 2019). Anche l'autentica della procura ad litem durante il detto periodo di sospensione costituisce un illecito disciplinare.

Questo è quanto ha ribadito il Consiglio nazionale forense (CNF) con decisione n. 44 del 18 marzo 2021 (fonte https://www.codicedeontologico-cnf.it/GM/2021-44.pdf).

Ma analizziamo nel dettaglio la questione.

I fatti del procedimento disciplinare

La ricorrente è un avvocato che è stata destinataria di un procedimento disciplinare perché incolpata "per aver esercitato la professione [...] nel periodo [...] in cui la stessa è stata sottoposta alla sanzione deontologica della sospensione dell'esercizio della professione. In particolare per aver [...] ricevuto, fatto sottoscrivere ed autenticato le procure ad litem di numero 81 ricorrenti necessarie per una azione da introitare nei confronti del Comune [...] e di altri soggetti [...]". Tale condotta costituirebbe violazione dell'art. 36 nuovo Codice deontologico forense […] [1] e infatti il il Consiglio di Disciplina distrettuale (CDD), all'esito del dibattimento, ha irrogato alla ricorrente la sanzione della sospensione per mesi sei. Avverso detta decisione, la ricorrente ha proposto tempestivo ricorso, con il quale ha chiesto, previo annullamento: 

La decisione del CNF

Innanzitutto, il CNF richiama il suo orientamento, secondo cui "pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l'avvocato che, quand'anche in asserita buona fede, svolga attività professionale durante il periodo di sospensione. A tal fine, sono idonei a configurare la condotta illecita anche la sola accettazione del mandato professionale, trattandosi di comportamenti espressivi, di per sé soli, dell'esercizio di attività di avvocato giacché, durante il periodo di sospensione dall'esercizio della professione, l'avvocato deve astenersi dal compiere non solo gli atti strettamente giudiziali ma anche tutti quelli comunque rientranti nella attività professionale forense" (CNF, sentenza del 25 ottobre 2018, n. 133" e nello stesso senso CNF, sentenza n. 56 del 16 Giugno 2020, CNF sentenza n. 177 del 19 Dicembre 2019). Ne consegue che costituisce un illecito disciplinare anche autenticare la firma del cliente in procura durante il periodo di sospensione dell'esercizio della professione forense. E ciò in considerazione del fatto che l'autentica della firma non può costituire solo un atto prodromico all'esercizio dello ius postulandi, amministrativo, quindi non può non costituire un atto di esercizio del potere di rappresentare ed assistere, come asserito dalla ricorrente. 

Se l'autentica della procura ad litem fosse solo un atto prodromico all'esercizio dello ius postulandi, non si darebbe un adeguato peso all'attività difensiva che detto atto comporta. Ciò premesso, tornando al caso di specie, nella questione in esame, è stato confermato l'assunto che la ricorrente ha acquisito la procura da ben ottantuno soggetti nel periodo in cui è stata sospesa dall'esercizio della professione, violando così il precetto dell'art. art. 36 del Codice deontologico forense. Pertanto, ad avviso del CNF, la decisione adottata dal CDD è corretta e non merita censura alcuna essendo conseguente alle risultanze probatorie acquisite in atti, valutate oculatamente, con chiarezza e coerenza di argomentazioni sul piano logico e su quello giuridico – deontologico. Corretta, secondo il CNF, è anche la sanzione irrogata dal momento che la determinazione della sanzione stessa non è il frutto di un mero calcolo matematico ma è conseguenza della complessiva valutazione dei fatti e di diversi indici tra i quali anche l'assenza di precedenti disciplinari (CNF sentenza 12 settembre 2018, n. 105, CNF, sentenza 25.10.2018 n. 133).

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, il CNF ha respinto il ricorso.

Note

[1] Art. 36 Codice deontologico forense:

1. Costituisce illecito disciplinare l'uso di un titolo professionale non conseguito ovvero lo svolgimento di attività in mancanza di titolo o in periodo di sospensione. 2. Costituisce altresì illecito disciplinare il comportamento dell'avvocato che agevoli o, in qualsiasi altro modo diretto o indiretto, renda possibile a soggetti non abilitati o sospesi l'esercizio abusivo dell'attività di avvocato o consenta che tali soggetti ne possano ricavare benefici economici, anche se limitatamente al periodo di eventuale sospensione dell'esercizio dell'attività. 

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