Riferimenti normativi: Art.844 c.c. - art.659 c.p. - L. n.447/1995.
Focus: I cambiamenti climatici e la stagione estiva così torrida e afosa rendono sempre più indispensabile l'uso di condizionatori d'aria per il cui acquisto è stata concessa anche un'agevolazione fiscale dalla legge di stabilità 2019 al fine di migliorare l'efficienza energetica della propria abitazione anche senza ristrutturazione. Talvolta, però, l'elevata rumorosità di questo elettrodomestici può sfociare anche in contenziosi giudiziari.
Principi generali: La tutela del cittadino da rumore eccessivo tradizionalmente ha il suo fondamento nell'art.844 c.c. il quale stabilisce che il proprietario di un fondo o di un immobile non deve emettere, nei confronti del vicino o dei vicini, rumori che superino la normale tollerabilità, la quale viene determinata tenendo conto della condizione dei luoghi.Tale valutazione, in sede di giudizio, viene rimessa al giudice che deve contemperare le esigenze della produzione con quelle della proprietà, tenendo conto anche degli eventuali usi del posto. Nel caso in cui vengano installati climatizzatori rumorosi il cittadino è tutelato anche penalmente dalle emissioni acustiche moleste. In pratica, si configura il reato penale quando il rumore è avvertito da una pluralità di persone per cui chi installa un climatizzatore rumoroso può essere incriminato, ai sensi dell'art.659 c.p., per disturbo del riposo e delle attività delle persone, che devono essere accertati in concreto. Sulla questione si è pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza n.39883 del 4 settembre 2017.
Il caso: Un albergatore condannato in primo grado dal Tribunale alla pena di 250,00 euro perché reo di aver disturbato le occupazioni o il riposo delle persone abusando di strumenti sonori, cioè di un impianto di amplificazione musicale e di uno di condizionamento d'aria, ha impugnato la sentenza del tribunale dinanzi alla Corte Suprema. L'albergatore, in particolare, ha proposto ricorso in Cassazione per violazione dell'art.659, comma 2, cod. pen. e della L. n. 447/1995, art.10, non essendo ravvisabile nei suoi confronti una condanna ai sensi dell'art.659 comma 1 c.p., come, invece, affermato nella sentenza, pur in presenza di una condotta di rilievo solo ai fini di sanzioni amministrative. Ha lamentato, infatti, che il Tribunale non ha compiuto alcuna verifica effettiva in merito alla potenzialità diffusiva dei rumori in oggetto e, in particolare, non ha accertato l'oggettiva idoneità degli stessi a superare una soglia di normale tollerabilità.
La Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi, ha precisato che l'art.659 c.p. prevede due autonome fattispecie di reato, configurate dai commi 1 e 2. L'elemento che le differenzia è rappresentato dalla fonte del rumore prodotto per cui, ove esso provenga dall'esercizio di una professione o di un mestiere rumorosi, la condotta rientra nella previsione del secondo comma del citato articolo per il semplice fatto che esorbita dalle disposizioni di legge o dalle prescrizioni dell'autorità, presumendosi la turbativa della pubblica tranquillità. Qualora, invece, le vibrazioni sonore non siano causate dall'esercizio dell'attività lavorativa, ricorre l'ipotesi dell'art.659, comma 1, c.p. per cui occorre che i rumori superino la normale tollerabilità ed investano un numero indeterminato di persone, disturbando le loro occupazioni o il riposo (Corte di Cassazione, sezione I, 17/12/1998 n.4820, sentenza emessa in un caso di emissioni rumorose provocate non dall'attività di una discoteca ma dall'impianto di condizionamento).
Nella sentenza si evidenzia che, come da giurisprudenza più recente, l'inquinamento acustico conseguente all'esercizio di mestieri rumorosi che si concretizza nel mero superamento dei limiti massimi o differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia, integra l'illecito amministrativo di cui alla L.26 ottobre 1995, n.447, art.10, comma 2, - legge quadro sull'inquinamento acustico - e non la contravvenzione di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone - art.659, comma 2, c.p. - ( Corte di Cass., sez.III, n.34920 dell'11/6/2015; Corte di Cass., sez.I, 13/11/2012 n.48309).
Alla luce di tali considerazioni la Corte Suprema ha affermato la responsabilità dell'albergatore con riferimento esclusivo alle emissioni provenienti dall'impianto di condizionamento d'aria, negando implicitamente rilevanza penale alla condotta contestata dovuta a disturbo con elevato volume dell'impianto di amplificazione musicale perché non più prevista dalla legge come reato. In conclusione, i giudici di legittimità hanno confermato che le emissioni sonore dell'impianto, superando la normale tollerabilità, sono penalmente rilevanti e, conseguentemente, hanno condannato l'albergatore.