Trattiamo unitariamente questi tre film (Presunto innocente, Il caso Thomas Crawford e La corte, ndr) perché essi presentano caratteristiche comuni.
Il protagonista non è un avvocato ma un magistrato, precisamente nei primi due un pubblico ministero (interpretato da Harrison Ford nel primo film e da Ryan Gosling nel secondo) e nel terzo un giudice, interpretato da Fabrice Luchini. Il ruolo dell'avvocato è interpretato nel primo film da Raul Julia (attore purtroppo scomparso prematuramente), mentre negli altri due manca del tutto, anche se nel secondo film il protagonistasi appresterebbe a lasciare la magistratura per entrare in un prestigioso studio legale, cosa del tutto normale negli Stati Uniti (così come in Svizzera) mentre da noi si verifica solo in casi eccezionali, oramai sempre più sporadici, considerata la perdita di prestigio sociale e di reddito dell'avvocatura. Ciascuno di questi film offre un paio di spunti di riflessione: nel primo l'elettività delle cariche direttive nella magistratura inquirente americana (assisteremo a una vera e propria campagna elettorale) e le tecniche o le scelte adottate dall'avvocato (l'ultima, nei confronti del giudice, decisamente spregiudicata: ricattare un giudice pur di vincere un processo), nel secondo vedremo la differenza nel diritto di autodifesa da parte dell'imputato (riconosciuto negli Stati Uniti ma vietato in Italia, si veda la sentenza della II Sezione Penale della Corte di cassazione 16 luglio 2013, n. 40715, depositata il 2 ottobre 2013) e un'applicazione del principio del ne bis in idem processuale, recentemente tornato alla ribalta della cronaca a Napoli con il caso del delitto di Via Caravaggio. Il terzo film, invece, richiama le atmosfere di Amore tra le rovine.
Il comune denominatore che presentano questi film è che essi si collocano al confine tra cinema forense e cinema giudiziario ed anzi a parere del sottoscritto almeno nel secondo prevale il punto di vista della magistratura e non dell'avvocatura, come avviene più chiaramente ne La passione di Giovanna d'Arco (Francia, 1928), nel realistico Sotto accusa (USA, 1988), nel già citato Prove apparenti (che comunque offre lo spunto per riflettere sulla fallibilità della giustizia e sull'arte del compromesso che ogni avvocato deve possedere), in L'agguato – Fantasmi dal passato (USA, 1995) e nella commedia Una notte con vostro onore (USA, 1981).
In analogia a quest'ultimo film citato, non possiamo considerare un film forense Il rapporto Pelican (USA, 1993), anche se compare il personaggio di un avvocato dello Stato, ucciso in un albergo; i personaggi principali sono una studentessa di legge (interpretata da Julia Roberts), il suo insegnante-compagno e un giornalista investigativo, interpretato da quel Denzel Washington che poi rivedremo nel ruolo di avvocato in Philadelphia. Tuttavia è un film da segnalare, per il rapporto tra processo e mondo politico (qui rappresentato nelle sfere più alte, addirittura lambendo la Casa Bianca) e tra processo e potentati economici.