Riferimenti normativi: Artt. 26 e 86 D.P.R.n.602/73 -art.100 c.p.c.
Focus: La sentenza del giudice tributario, dichiarativa della cessazione della materia del contendere, produce effetti diversi a seconda che la stessa scaturisca dall'adozione di un atto con cui viene accolta l'<<istanza>> del contribuente o, in via generale, dal venir meno dell'interesse meramente processuale del soggetto ad agire per l'annullamento dell'atto.Tale principio, enunciato dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 5098/2022, è stato ripreso dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana con la recente sentenza n.583/5 del 20/4/2022.
Principi generali: La Corte di Cassazione, con sentenza n. 1048/2000 delle Sezioni Unite, ha affermato che: "1) la pronuncia di cessazione della materia del contendere costituisce, in seno al rito contenzioso ordinario (privo, al riguardo, di qualsivoglia, espressa previsione normativa, a differenza del rito amministrativo e di quello tributario), una fattispecie di estinzione del processo; 2) all'emanazione di una sentenza di cessazione della materia del contendere consegue, da un canto, a) la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di giudizio e non passate in cosa giudicata, e, dall'altro, b) la sua assoluta inidoneità ad acquistare efficacia di giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere, essendo tale efficacia di giudicato limitata al solo aspetto del venir meno dell'interesse alla prosecuzione del giudizio".
Di recente, la Suprema Corte, con ordinanza n. 5098/2022 del 16/2/2022, nel riaffermare il suddetto principio ha, tuttavia, chiarito che lo stesso non può essere trasferito "sic et simpliciter" nel vigente processo tributario sia perché, in merito all'estinzione del processo per la cessazione della materia del contendere, in tale processo vi è una espressa previsione dettata dall'art. 46, comma 1, del D.Lgs. n.546 del 1992, sia perché rimane sempre la ineguaglianza delle parti nel rapporto tributario, per cui non è necessaria la partecipazione del contribuente alle determinazioni dell'ufficio che impongono al giudice di dichiarare la cessazione della materia del contendere. D'altra parte, la giurisprudenza amministrativa, in merito alla nozione di cessazione della materia del contendere, ha distinto da tempo l'ipotesi di annullamento o di riforma da parte dell'amministrazione << dell'atto impugnato in modo conforme all'istanza del ricorrente >> (ex art. 23, comma 7, L.n.1034/1971) da altre situazioni caratterizzate dalla sopravvenuta carenza di interesse che può verificarsi, in senso più ampio, nel caso in cui il processo non possa, per qualsiasi motivo, produrre un risultato utile per il ricorrente(Cons. Stato, n. 1223/2006). La Corte di Cassazione, con la citata ordinanza n. 5098/2022 del 16/2/2022, ha affermato che, tenuto conto della natura di atto amministrativo propria del provvedimento di accertamento o di liquidazione delle imposte oggetto della cognizione del giudice tributario, la suddetta distinzione deve essere fatta anche per il processo tributario.
In particolare, la cessazione della materia del contendere ricorre quando viene meno l'atto della cui legittimità si discute; l'atto, cioè, lesivo dell'interesse materiale soggettivo oggetto della tutela giurisdizionale tributaria. Invece, nella carenza sopravvenuta di interesse non viene meno l'atto impugnato, né tanto meno la sua illegittimità, ma cessa l'interesse del soggetto all'annullamento. Tale ipotesi avrà, perciò, rilevanza solo come presupposto processuale. La tematica in esame è stata oggetto della pronuncia della Commissione tributaria regionale per la Toscana con la sentenza n.583/5 del 20/4/2022. Nel caso di specie, un contribuente si era rivolto alla Commissione tributaria provinciale impugnando un preavviso di fermo amministrativo del proprio autoveicolo, eseguito dall'Agenzia della Riscossione a fronte di debiti erariali del ricorrente scaturenti da una pregressa cartella di pagamento. La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso, compensando le spese. Il contribuente, pertanto, impugnava la sentenza con appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale, chiedendo l'annullamento e/o la riforma della sentenza impugnata ed il riconoscimento dell'invalidità del preavviso di fermo amministrativo e della correlativa precedente cartella di pagamento con conseguente inesigibilità, in ogni caso, della somma complessivamente reclamata. L'Agenzia delle Entrate - Riscossione si costituiva in giudizio eccependo, tra l'altro, l'inammissibilità del ricorso in appello per carenza di interesse della parte ad agire, ex art.100 c.p.c. Quest'ultima, infatti, aveva provveduto al pagamento della cartella sulla base del quale era stato trascritto il fermo amministrativo, in assenza di specifica domanda restitutoria. La Commissione tributaria regionale, richiamando i principi dettati dalla Corte di Cassazione al riguardo, ha disatteso l'eccezione dell'Ufficio considerato che, non essendo chiaro se la trascrizione del fermo amministrativo del bene mobile registrato fosse stata cancellata, non sussistevano le condizioni per dichiarare cessata la materia del contendere. Per quanto riguarda il merito della questione, la Commissione Tributaria ha respinto l'appello del contribuente in quanto le doglianze dello stesso sono state ritenute infondate perché generiche e inidonee a dar prova dell'irragionevolezza del fermo.