E´ illegittimo il licenziamento di un lavoratore che, durante la malattia, compie attività che non evidenziano una simulazione della patologia riscontrata né ne ritardano la guarigione. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che lo scorso 11 settembre ha accolto il ricorso di un lavoratore dipendente, conduttore di autotreni, licenziato per aver lavorato, durante il periodo di assenza per malattia, causa un infortunio con contusione a spalla e polso, nell´esercizio commerciale del figlio.
Il presupposto della sentenza della Cassazione è che dalla documentazione in atti e dalle prove testimoniali assunte in primo grado, non potesse pervenirsi alla conclusione che l´attività svolta dal lavoratore in malattia fosse indicativa di simulazione della malattia stessa, diagnosticata dall´Inail.
Più precisamente, secondo la corte territoriale, le condotte del dipendente non potevano ritenersi espressione di simulazione di malattia, mentre lo svolgimento dell´attività lavorativa del dipendente che prevedeva la guida di un camion con l´obbligo di scarico delle merci trasportate, era incompatibile con lo stato di malattia diagnosticato.
La Corte di Cassazione, dunque, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità del licenziamento, ha richiamato il principio secondo cui "lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per malattia è idoneo a giustificare il recesso del datore di lavoro per violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà ove tale attività esterna, prestata o meno a titolo oneroso, sia per sé sufficiente a far presumere l´inesistenza della malattia, dimostrando, quindi, una sua fraudolente simulazione, ovvero quando, valutata in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, l´attività stessa possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore". La Suprema Corte ha, dunque, dichiarato illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore.
Avv. Pietro Gurrieri