Un Bando per l´erogazione di contributi per progetti tesi a favorire lo sviluppo economico dell´avvocatura, ai sensi dell´art. 14 lettera a7) del regolamento di assistenza.
Un bando diramato da Cassa Forense, l´ente nazionale di previdenza degli Avvocati italiani, in relazione al quale, alla data di scadenza, sono pervenuti ben 79 progetti, da parte di 65 Ordini, associazioni forensi e comitati Pari Opportunità istituiti presso gli Ordini.
Fin qui tutto normale.
Accade però che un Avvocato, Claudia Testa (foto), residente in Bergamo, formuli, ai sensi e per gli effetti dell´art. 5 del decreto legislativo numero 33 del 2013, una richiesta di accesso civico - istituto di recente creazione diretto a rafforzare i poteri di controllo da parte dei cittadini - per conoscere la platea dei destinatari, e il contenuto dei progetti di cui i presentatori hanno chiesto il finanziamento. In definitiva - probabilmente è stata questa la considerazione dalla quale è partita la richiesta di accesso della professionista - quei soldi sono anche i nostri soldi. Quindi, cerchiamo di capire come sono utilizzati.
Detto fatto, una richiesta di accesso civico viene indirizzata tramite PEC a Cassa Forense. Una richiesta con la quale non si chiedono neppure le copie, ma semplicemente un appuntamento per poter visionare la documentazione.
Cassa Forense risponde e la risposta è di quelle che lasciano interdetti.
"Ai sensi dell´articolo 25 comma 1 della Legge 241/1990 l´accesso agli atti prevede il pagamento dei diritti di ricerca e di visura pari ad euro 25 per ogni singolo documento".
Questa è la risposta che autorizza l´accesso, per il quale viene anche stabilito un appuntamento. I conti sono presto fatti. Considerato il numero dei documenti richiesti, dal quale vanno sottratti quelli prodotti da 12 enti che non hanno acconsentito alla richiesta (rifiuto del quale, peraltro, non sono state espresse, né si comprendono le ragioni), l´accesso può essere si esercitato, sotto forma di diritto alla visione, ma soltanto dietro previo pagamento della modica somma di euro 1600,00!
Ed è proprio la richiedente, Claudia Testa, a darne l´annuncio su Facebook: "La saga continua. Abbiamo finalmente ottenuto l´appuntamento per poter visionare i documenti. Il 29 gennaio saremo a Roma. Oggi, a sorpresa, arriva questa bella comunicazione. L´accesso ci costerà più di 1600 euro. Per la sola visione della documentazione. Oltre al costo delle eventuali copie. Fate voi".
Sì, facciamo noi, e non diremo parole diverse da quelle che, in calce al post sono state scritte da decine e decine di avvocati di ogni parte d´Italia, nessuno dei quali ha ritenuto di giustificare la condotta degli organi di Cassa Forense. Forse memori del fatto che non è certo la prima volta che, dietro un linguaggio apparentemente e burocraticamente cordiale, questo genere di diritti non sono granché considerati.
Una cosa è certa. L´art. 25. della 241/1990 (Modalità di esercizio del diritto di accesso e ricorsi) così recita: "1. Il diritto di accesso si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi, nei modi e con i limiti indicati dalla presente legge. L´esame dei documenti è gratuito. Il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura".
Questa è la legge, corrispondente ad una precisa volontà del legislatore di ampliare i diritti di conoscibilità da parte dei cittadini degli atti che possono riguardarmi in modo qualificato. Ma la prassi di Cassa Forense non sembrerebbe proprio essere coerente con questa direttrice: l´accesso, dicono i suoi organi, può essere esercitato soltanto previo pagamento di questa, esorbitante, cifra. Starà poi al richiedente, se intende acquisire anche una copia cartacea della documentazione, mettere ancora mano al portafoglio per un´altra richiesta ben più onerosa legata al costo di riproduzione. Ma, almeno questa, quanto meno comprensibile.
Chiederemo alla collega Claudia Testa conto degli esiti dell´accesso mentre, per il resto, riteniamo superfluo ogni commento. in definitiva, seppure forense, sempre di Cassa si tratta. Ma, per cortesia, non chiamatela troppo in fretta Casa Forense. Meglio rifletterci prima. Chiamatela Cassa e basta.
Avv. Pietro Gurrieri