La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 32648 del 17 dicembre 2018, si è occupata di cartelloni pubblicitari e di calcolo della relativa imposta di pubblicità. In particolare, i Giudici di legittimità, nella questione sottoposta al loro esame, hanno affrontato il tema dei cartelloni pubblicitari bifronte e dei messaggi pubblicitari ivi contenuti. In tali casi, ai fini della tassazione, detti messaggi sono considerati distinti e quindi tassati separatamente, o no? Vediamo, in punto, la decisione della Suprema Corte di Cassazione.
La società ricorrente ha pubblicato messaggi pubblicitari su cartelloni bifronte. Per tali messaggi, il concessionario ha calcolato un'imposta doppia in quanto ha ritenuto detti messaggi separatamente. In buona sostanza, secondo il concessionario i due messaggi pubblicitari sono da considerarsi distinti, e dunque da tassare separatamente. E ciò in considerazione del fatto che gli stessi:
- non sono identici;
- mancano di connessione l'uno con l'altro.
Contro la determinazione del concessionario, la ricorrente ha proposto impugnazione. Sia in primo che in secondo grado, essa è rimasta soccombente. Così la questione è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione. Innanzitutto, nella fattispecie in esame, appare opportuno richiamare la normativa vigente in materia di calcolo dell'imposta di pubblicità e più precisamente la disposizione contenuta nell'art. 7 del D.Lgs., n. 507/1993 (Revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle provincie nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n 421, concernente il riordino della finanza territoriale).
Secondo la norma appena citata:
- per i mezzi pubblicitari polifacciali l'imposta è calcolata in base alla superficie complessiva adibita alla pubblicità;
- i festoni di bandierine e simili, nonché i mezzi di identico contenuto, ovvero riferibili al medesimo soggetto passivo, collocati in connessione tra loro si considerano, agli effetti del calcolo della superficie imponibile, come un unico mezzo pubblicitario.
Da questa premessa normativa, emerge con chiarezza che nel caso in cui i messaggi pubblicitari sono pubblicati su cartelloni bifronte, nel determinare l'imposta si tiene conto di tutta la complessiva superficie del cartellone stesso. Una eccezione a tale modalità di calcolo dell'imposta si ha quando i messaggi hanno un contenuto identico o , comunque, sono connessi tra loro. In quest'ipotesi, si applica una tassazione unica speciale. Orbene, tornando al caso in esame, la ricorrente lamenta proprio tale circostanza, ossia il fatto che il concessionario:
- non ha applicato detta tassazione unica speciale;
- ha calcolato un'imposta doppia, stimando duplice il messaggio pubblicitario;
- non ha provato tale duplicità.
A dir della ricorrente, infatti, il concessionario non ha dimostrato che i messaggi pubblicati fronte – retro sul cartellone hanno carattere duplice e non unitario, con l'ovvia conseguenza che va considerata viziata la decisione impugnata con cui i Giudici dei gradi precedenti hanno confermato la duplicità della pubblicità esposta.
Il vizio, secondo la ricorrente, discende proprio dal fatto che detti Giudici non hanno tenuto conto né della ripartizione dell"onere della prova, né della circostanza che il concessionario non l'ha assolto.Di diverso avviso è la Corte di Cassazione. A suo parere, la norma su citata (art. 7 D.Ivo n. 507 del 1993), come sopra evidenziato, prevede l'ipotesi di uno speciale regime di tassazione rispetto a quello normale della imposizione plurima; regime, quest'ultimo, che trova fondamento sulla pluralità di messaggi pubblicitari. In questi casi, è il soggetto che invoca tale regime speciale di tassazione, rispetto a quello normalmente applicabile, a dover dimostrare che il contenuto pubblicitario è unico, non rientrante nell'ipotesi normale prevista dalla norma di imposizione plurima. Orbene, nella fattispecie in esame, la ricorrente non ha dimostrato tale circostanza, ossia non ha fornito la prova che i messaggi pubblicitari pubblicati sul cartellone bifronte costituissero un unicum o che essi fossero, comunque, connessi tra loro. Essa, infatti, si è limitata a dolersi del fatto che l'onere di dimostrare la duplicità dei messaggi in questione incombeva sul concessionario. La mancanza in cui è incorsa la ricorrente, secondo i Giudici di legittimità, rende infondati i motivi di impugnazione della decisione di appello. Con l'ovvia conseguenza che, secondo la Suprema Corte di Cassazione, detta decisione va confermata, essendo ben motivato e affatto viziato l'iter logico-giuridico seguito dai Giudici del grado precedente. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.