Di Rosario Antonio Rizzo su Sabato, 14 Agosto 2021
Categoria: Di Libri di altro

Bianca Pitzorno “Il sogno della macchina da cucire” Il Museo custode della nostalgia dei mestieri scomparsi

 E' da un po' di tempo che si legge, si discute, si chiacchiera sui mestieri scomparsi.

Se proviamo a visitare un Museo della Civiltà Contadina, a Niscemi ne esiste uno che ha 34 ambienti e quattromila pezzi etno-antropologici, che custodiscono gli attrezzi del mestiere, che servono alla scrittura della storia; che ci forniscono le risposte etno – antropologiche necessarie per ricostruire la Memoria di una Comunità.

E' fresco di stampa, in una riedizione" speciale" della casa editrice Bompiani, un interessantissimo romanzo di Bianca Pitzorno,"Il sogno della macchina da cucire", con un sottotitolo abbastanza esplicito: "Nelle stanze del cucito giungono gli echi di segreti inconfessabili".

E se ritornassimo a visitare il Museo Civico di Niscemi, troviamo due stanze, quella del "Ciclo del cotone" e quella della "Sartoria" a testimoniare storie parallele, anche se ambientate in regioni diverse.

Bianca Pitzorno, scrittrice di romanzi per ragazzi, ma non solo, autrice televisiva, insignita di premi letterari importanti, ambasciatrice Unicef, ha una lunghissima bibliografia di testi.

Nel quarto di copertina del libro possiamo leggere: "C'è stato un tempo in cui non esistevano le boutique di prêt-à-porter e tantomeno le grandi catene di moda a basso prezzo, e ogni famiglia che ne avesse la possibilità faceva cucire abiti e biancheria da una sarta: a lei era spesso dedicata una stanza della casa, nella quale si prendevano misure, si imbastivano orli, si disegnavano modelli ma soprattutto - nel silenzio del cucito - si sussurravano segreti e speranze. A narrarci la storia di questo romanzo è proprio una sartina a giornata nata a fine Ottocento, una ragazza di umilissime origini che apprende da sola a leggere e ama le opere di Puccini ma più di tutto sogna di avere una macchina da cucire: prodigiosa invenzione capace di garantire l'autonomia economica a chi la possiede, lucente simbolo di progresso e libertà. Cucendo, la sartina ascolta le storie di chi la circonda e impara a conoscere donne molto diverse: la marchesina Ester, che va a cavallo e studia la meccanica e il greco antico; miss Lily Rose, giornalista americana che nel corsetto nasconde segreti; le sorelle Provera con i loro scandalosi tessuti parigini; donna Licinia Delsorbo, centenaria decisa a tutto per difendere la purezza del suo sangue; Assuntina, la bimba selvatica... Pur in questa società rigidamente divisa per classe e censo, anche per la sartina giungerà il momento di uscire dall'ombra e farsi strada nel mondo, con la sola forza dell'intelligenza e delle sue sapienti mani".

 Il sogno della macchina da cucire" ci presenta uno spaccato della società italiana tra la fine dell'Ottocento ei primi cinquant'anni del Novecento.

La storia inizia in una cittadina del Nord Italia in grande fermento per una ripresa delle attività industriali e artigianali, dopo la prima guerra mondiale e la "Spagnola", la terribile pandemìa che fece nel mondo oltre novanta milioni di morti.

Un periodo in cui le poche famiglie benestanti potevano permettersi il lusso di avere nei campi i contadini, che lavoravano a giornata, per poche lire, e in casa le popolane tutto fare: dai servizi più umili agli insegnanti di varie materie per istruire i loro figli. Ma anche c'erano le sartine che lavoravano a domicilio, in un'apposita stanza adeguatamente attrezzata. E lavoravano esclusivamente per le donne di casa "… perché le esigenze del pudore vietavano loro di toccare i corpi maschili per prendere le misure".

La "Spagnola", non risparmiò l'Italia e nemmeno la famiglia protagonista di questo bellissimo racconto.

Morirono tutti i membri della famiglia e rimasero solo la nonna e la nipotina.

Dopo la disperazione iniziale, la nonna prese l'impegno che sarebbe riuscita con il suo lavoro a mantenere i due superstiti della famiglia.: lei e la nipotina.

Le cose cominciarono ad andare benino, il lavoro non mancava, grazie anche alla famiglia della marchesina Ester Artonesi dal cuore d'oro, che non disdegnava di regalare vestiti usati e libri e riviste alla piccola sartina e che aveva anche permesso, a nonna e a nipote, di lavorare a tempo pieno nel suo palazzo.

La Marchesina, nonostante la ricchezza, un matrimonio con l'uomo amato, la nascita di una figlia si trova in situazioni, dolorose e inaspettate che segneranno la sua esistenza.

Improvvisamente la nonna della sartina viene a mancare.

Una serie di circostanze permisero alla protagonista, ormai sedicenne, di trovare lavoro proprio in casa della marchesina Ester che aveva apprezzato la professionalità artigianale della nonna e della nipote negli anni precedenti.

Anche la vita della Sartina si incrocia con quella della Marchesina che ne avrà cura fino l'età adulta.

 La Sartina, entrata nelle grazie della marchesina Ester, riceva il regalo sognato da una vita: "… la marchesina Ester di ritorno da uno dei suoi primi viaggi all'estero in segno di gratitudine mi aveva portato un bellissimo regalo una macchina da cucire portatile tedesca, a manovella e senza pedale e senza mobile, con una valigetta fornita di manico" (pag.44). Macchina da cucire che le permetterà di lavorare per altre famiglia, quando la marchesina Ester era in viaggio per il mondo.

Un racconto ben costruito che racconta la vita delle donne sottomesse alla dispotica volontà dei mariti, dei padri e dei fratelli.

Segreti che vengono ascoltati, a insaputa delle protagoniste. E segreti che vengo svelati, mettendo in ridicolo le sorelle Alda e Ida Provera figlie di un avvocato tirchio fino all'inverosimile, per lo scandalo di tessuti dei vestiti delle tre donne Provera che non erano di provenienza parigina, ma identici alle volgarissime tende di un bordello.

Alda e Ida che avrebbero dovuto ricoprire il ruolo di damigelle durante una visita in città della regina Margherita con i tre figli, invece vennero escluse dai festeggiamenti.

"In breve , la famiglia Provera in tutti quegli anni aveva mentito. Non aveva mai, neppure una volta, fatto arrivare i vestiti da Parigi, ma li avevano sempre confezionati di nascosto le donne di casa, senza neppure una macchina da cucire, tutti fatti completamente a mano. E avevano sempre lavorato così bene che nessuno sen'era accorto" (pagg.54/55).

Ma, ed è questa per quell'epoca un grandissima novità, ogni donna di questo racconto riuscirà, nonostante le vicissitudini delle loro esistenze, a dare prova di grande libertà proseguendo per le loro strade, scegliendo i propri compagni, le proprie professioni, viaggiando e studiando e riuscendo a realizzare quella sana e virtuosa autonomia.

Ma ci dice anche che per onorare la memoria di queste donne bisognerebbe conoscere nel vivo delle loro quotidianità, le sofferenze, le paghe di fame, ancora oggi, presenti nei cosiddetti paesi emergenti, dove sono una triste e dolorosa realtà.