Con la sentenza in commento, la n. 11269, depositata lo scorso 2 aprile, la terza sezione della Corte di Cassazione è intervenuta a tracciare i limiti della confisca obbligatoria prevista dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 174 (codice dei beni culturali).
Il pubblico ministero si era opposto al provvedimento con il quale il Tribunale, contestualmente all'archiviazione per i reati di cui agli artt. 624, 625 e 648 c.p. nonchè D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 174, poiché commessi da ignoti, aveva rigettato la richiesta di applicazione della misura delle confisca obbligatoria, prevista proprio dall'art. 174.
Aveva ottenuto così che il GIP, in funzione di giudice dell'esecuzione, disponesse la confisca.
Proponeva ricorso per Cassazione avverso tale provvedimento la difesa di coloro che avevano subito la confisca ritenendosi lesi da un provvedimento illegittimo: deducevano infatti che il bene oggetto di confisca fosse loro appartenuto e di essere "terzi estranei al reato".
Ciò avrebbe impedito, ex lege, la possibilità per il giudice di applicare il provvedimento ablatorio.
La confisca obbligatoria, infatti, può ben essere disposta anche in assenza di pronuncia di condanna, ma non ai danni di un estraneo al reato cui appartenga la res che dovrebbe essere oggetto della misura.
Tutto sta quindi nel definire i concetti di "appartenenza" e "estraneità al reato".
La Corte era già intervenuta a fornire le definizioni che ora le vengono richieste, a Sezioni unite, con la sentenza n. 9 del 28/04/1999, c.d. Bacherotti.
Con quella pronuncia la Corte aveva precisato, come ribadisce con l'arresto oggetto di commento, che può considerarsi estraneo al reato solo chi non abbia posto in essere un contributo di partecipazione o di concorso, né ne abbia ricavato vantaggi ed utilità, ovvero qualsiasi giovamento dalla commissione del reato.
Per giovamento deve intendersi qualsivoglia condizione di favore, anche non materiale, derivante dal fatto illecito.
Se la qualificazione sotto questo profilo è piuttosto ampia, la Corte ha precisato che è pur sempre necessario che l'elemento materiale del concorso sia accompagnato dalla assenza di "buona fede" del terzo, ovvero la "non conoscibilità, con l'uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta, del rapporto di derivazione della propria posizione soggettiva dal reato commesso".
Invece - precisa - non v'è necessariamente coincidenza tra il concetto di appartenenza e quello di proprietà civilistica, vista anche la peculiarità del regime giuridico di circolazione dei beni culturali.
Entrambi i requisiti rappresentano elementi costitutivi della situazione impeditiva o limitativa del potere di confisca ed è posto a carico del terzo l'onere della loro prova.
In loro assenza, è legittima la confisca anche nei confronti di un terzo, anche senza un accertamento di responsabilità diretta a suo carico.
Nel caso di specie la Corte ha escluso che i ricorrenti avessero dato prova di tali circostanze e ha pertanto rigettato il ricorso.